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Carichieti, j’accuse di Bankitalia: “Management inadeguato. Fondazione ostile alle aggregazioni”

Carichieti, j’accuse di Bankitalia: “Management inadeguato. Fondazione ostile alle aggregazioni”

CHIETI, 12 dicembre – Tutta apparenza, nessuna sostanza. Stringi stringi si può riassumere così il giudizio del capo della Vigilanza di Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, in audizione presso la commissione banche su Carichieti, Banca Etruria, Banca Marche e Cariferrara: “La governance delle quattro banche  – ha detto – è risultata fortemente inadeguata in tutte le sue articolazioni”.

Per quanto riguarda Carichieti, ma anche Marche e Ferrara, il primo j’accuse è per le Fondazioni che, secondo Barbagallo hanno avuto una strategia:

“volta a conservare un ruolo dominante; ne sono conseguiti una riluttanza a ricorrere al mercato dei capitali e atteggiamenti ostili a soluzioni aggregative. Di segno non diverso i problemi della Popolare dell’Etruria, dove al debole controllo degli azionisti ha fatto riscontro l’autoreferenzialità dei vertici aziendali, decisi a mantenere condizioni di autonomia anche a fronte di una situazione sempre più critica”.

Barbagallo ha sottolineato che

”La crisi delle quattro banche poste in risoluzione il 22 novembre 2015 trae origine da cause comuni: governance inadeguata, politiche di erogazione imprudenti, comportamenti irregolari. La crisi economica ha fatto deflagrare fragilità già esistenti impedendo, in un contesto normativo europeo radicalmente mutato, l’utilizzo degli strumenti di soluzione delle crisi sperimentati in passato”.

Parlando in particolare delle carenze nella governance, il capo della Vigilanza di Bankitalia ha quindi spiegato che

”la proprietà non ha svolto il ruolo di selezione e vaglio dei vertici aziendali; il Consiglio di amministrazione e il management non hanno realizzato un modello di gestione sano e prudente; i meccanismi di controllo interno non hanno funzionato”.

Sostanzialmente navi senza guida serena e competente che non potevano non deragliare, in presenza di una politica di gestione assolutamente inconsistente:

“Le insufficienze della governance – secondo Barbagallo –  si sono tradotte in una scadente qualità del credito, che ha risentito di cattiva organizzazione, pratiche inadeguate, violazioni di norme e regolamenti”.

Con crediti deteriorati che in tempi diversi hanno raggiunto

“Percentuali almeno doppie rispetto a quelle del sistema bancario, determinando tensioni di liquidità e pesanti perdite patrimoniali, all’origine del dissesto”.

Insomma, le quattro banche si erano sostanzialmente giocate l’ultima chance. Con buona pace di chi, pur non potendo influire, ha in qualche modo pagato per queste scelte. A fronte di un provvedimento di risoluzione

“gravoso per gli azionisti, per i sottoscrittori di obbligazioni subordinate, per il sistema bancario”, tuttavia “sono state evitate due soluzioni alternative ben più distruttive: il bail-in o la liquidazione coatta. In entrambi i casi – secondo Barbagallo –  le conseguenze sistemiche sarebbero state ben più gravi rispetto a quella della risoluzione”.

Sul capitolo ispezioni il capo della Vigilanza è netto: proprio grazie al lavoro fatto è stato possibile affrontare la situazione:

“Dal 2008 fino al commissariamento sono state condotte 18 ispezioni, equamente distribuite tra le quattro banche. E’ grazie ad esse che sono emersi i problemi. –  Barbagallo ha precisato che “ai primi esiti negativi di tali accertamenti la Vigilanza ha rafforzato i controlli”. Nel periodo considerato “sono state irrogate oltre 140 sanzioni a persone fisiche, per un totale di 14,4 milioni di euro”.

Parlando dell’insufficiente risposta del management delle 4 banche Barbagallo ha precisato che

“i rafforzamenti patrimoniali non si sono talvolta nemmeno realizzati; i ricambi degli esponenti di vertice non ne hanno migliorato i comportamenti; la pervicace difesa dell’autonomia ha scoraggiato la ricerca di potenziali acquirenti”.

Resta poi inamovibile un dato: le banche sono imprese e la Vigilanza non ha potere sostitutivo, può segnalare i problemi, stimolare interventi, ma per la soluzione è necessaria la collaborazione dei vertici azindali:

“Gli azionisti di maggioranza devono consentire che la banca diventi contendibile se non hanno risorse sufficienti per sostenerla; – ha detto Barbagallo –  l’assemblea dei soci deve sostituire con soggetti adeguati gli organi amministrativi e di controllo che si rivelino inadatti; il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale devono intervenire sulla Direzione quando le criticità sono ascrivibili a quest’ultima”.

Secondo Barbagallo:

“Nella nostra esperienza sono minoritari i casi in cui tutti i livelli di responsabilità aziendali si mostrano refrattari a sanzioni, raccomandazioni e prescrizioni della Vigilanza. In questi casi non resta che disporre, al ricorrere delle condizioni di legge, gli interventi di rigore: dal commissariamento alla liquidazione. Da quel momento la crisi è conclamata, anche se l’autorità di Vigilanza ha fatto, tempo per tempo, quanto possibile per evitarla. Questo – ha conlcuso – è quanto accaduto per le quattro banche, di cui è stata disposta l’amministrazione straordinaria all’emergere dei presupposti di legge”.

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