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Enrico Giancarli, quel pezzo d’Abruzzo per 1300 chilometri #inbiciconnicola /FOTO

Enrico Giancarli, quel pezzo d’Abruzzo per 1300 chilometri #inbiciconnicola /FOTO

PESCARA, 20 giugno – Pensatela come volete: magari che è stata un’avventura, un esempio di coerenza, la rara scelta di rispettare la parola data. Pensatela come volete ma nel tour a due ruote di Davide Nicola, l’allenatore del Crotone che ha promesso (e mantenuto): “Se mi salvo vado da Crotone a Torino in bicicletta”, metteteci pure un pezzo d’Abruzzo. Sì perché ruota a ruota con il tecnico per 1300 chilometri c’era anche Enrico Giancarli, giornalista aquilano di Rete 8 e Sky, che pedali ai piedi e telecamera al seguito ha incorniciato professionalmente la scelta dell’allenatore piemontese per quello che è: una storia.

Che cosa c’entri Enrico Giancarli con Davide Nicola, prima di questa “vacanza professionale”, lo racconta lui stesso: “Niente”. Il passato tra i due era racchiuso in due interviste, proprio per Rete 8, in occasione di Crotone-Pescara.

Poi Sky decide di seguire questo particolare “fioretto sportivo” in diretta e nel progetto infila Giancarli, che ha dalla sua un mondiale e due titoli italiani nei campionati di ciclismo per giornalisti. Insomma, con i pedali ci siamo, con il microfono pure, si può fare.

“L’idea era quella di far vivere questo evento in maniera dinamica – racconta Giancarli – e comunque sono partito con l’idea di fare il classico lavoro giornalistico. Poi mentre macinavamo chilometri, incontravamo le persone, scambiavamo idee, mi sono accorto che stava diventando il racconto di un’impresa e di un’emozione. Quando sono partito non mi aspettavo davvero che sarebbe finita così”.

Da Crotone a Torino sola andata,  con una serie di tappe che Davide Nicola ha voluto fare per dare un senso e un segnale in più a questo percorso, intenso il passaggio nelle Marche:

“Ha voluto visitare il punto dell’incidente in cui è morto Michele Scarponi – sottolinea Giancarli – ha voluto conoscere i genitori, abbiamo parlato con loro: un momento di umanità e di sport molto intenso”.

Tappa toscana e passaggio a Livorno per un saluto a Max Allegri ma prima ancora l’Abruzzo e Pescara:

“L’ingresso in Abruzzo è stata l’emozione più grande, da un lato il mare dove vivo ora, dall’altro la montagna dove vado a sciare e la telecamera che è il mio lavoro. E poi tanta gente che ci ha accolto lungo il percorso, per un saluto e un attestato di stima. Per me è stato il momento più bello. Ma devo dire una cosa: ogni città in cui siamo passati, ogni posto in cui ci siamo fermati noi ci siamo sentiti a casa. Non c’è stato un posto dove non c’erano tifosi. Poi l’ovazione dei cinquecento del Filadelfia è stata quasi imbarazzante”.

L’emozione dello stadio che saluta un’impresa, per uno sportivo è il segno tangibile di aver lascito negli altri qualcosa di sé:

“Quando abbiamo iniziato l’ordine era ‘siamo undici come una squadra di calcio e in undici dobbiamo arrivare’ – racconta Giancarli – Devo dire che all’inizio non pensavo che ce l’avrebbero fatta, ma sono uomini di sport e davvero negli ultimi giorni siamo andati fortissimo”.

Parlare di squadra in uno sport apparentemente per singoli?

“La lezione che porto a casa è questa: quando c’era un problema ci guardavamo e trovavamo una soluzione: il gruppo vale più del singolo, nello sport come nella professione. Quando si è realmente uniti si supera tutto”.

Dal punto di vista personale è stato coronare un sogno:

“Seguendo Giro d’Italia e Tour de France ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto fare un viaggio in bicicletta, per questioni di tempo non c’ero mai riuscito – dice Giancarli – Ora ho un desiderio esaudito sia come idea personale che come aspirazione professionale. Rifarlo? Sì, ma alle stesse condizioni, con qualcuno che ha voglia di raccontare una storia, una storia vera, che va al di là del 4-4-2, del rigore sbagliato, dell’errore di un portiere. O lo rifarei per vacanza, con amici fidati, per avere ancora la sensazione che chiudere un’esperienza con un gruppo, invece che da solo, diventa un successo ancora più grande”.

Perché alla fine la necessità è quella di vivere e pedalare tutti lungo la stessa direzione:

“E’ una cosa che avevo sempre immaginato di fare – sostiene ancora Giancarli – adesso so di essere stato in grado di raggiungere questo obiettivo”.

Nella valigia di chi parte per fare 1300 chilometri a pedali che troviamo:

“Divise, magliette da riposo, non una camicia, non un pantalone elegante. Non servono, la fatica non ci ha consentito serate. Al ritorno un pezzo in più, la maglia di Davide Nicola, che conserverò insieme ad altri ricordi che per me sono importanti, come la maglia rosa di Contador e quella gialla di Nibali”.

Un pezzo che si aggiunge ha una collezione di ricordi umani e professionali, tutti grandi, tutti importanti. Custoditi come l’esperienza che, nella professione, diventa una collana di storie.

 

 

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