Regione
Stai leggendo
Interruzioni di gravidanza, in Abruzzo l’81% dei ginecologi è obiettore di coscienza

Interruzioni di gravidanza, in Abruzzo l’81% dei ginecologi è obiettore di coscienza

PESCARA, 16 dicembre – L’interruzione di gravidanza chiama in causa tematiche delicate, che implicano questioni etiche e di coscienza. C’è però una legge dello Stato, la 194 del 1978, che garantisce alle donne il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni della gestazione. Non in tutto il Paese, però, questo diritto appare garantito in eguale misura. Dalla “Relazione annuale del ministero della Salute” emerge che in Abruzzo l’80,7% dei ginecologi è obiettore di coscienza. Un dato che supera di dieci punti esatti la media nazionale, ferma al 70,7% dei medici che rifiutano di praticare l’aborto.

Proprio l’Abruzzo, inoltre, è una delle dieci regioni nelle quali anche l’11% dei ginecologi non obiettori è assegnato ad altri servizi e dunque non effettua le interruzioni di gravidanza pur non avvalendosi del diritto all’obiezione di coscienza. Il che significa che nella regione i ginecologi che praticano effettivamente le interruzioni di gravidanza sono ancora meno numerosi rispetto alla quota, già esigua, dei non obiettori. Non a caso il carico di lavoro settimanale, per ogni ginecologo non obiettore, nelle Asl abruzzesi è quasi doppio rispetto alla media nazionale: nelle Asl del resto d’Italia, infatti, il dato si attesta su un punteggio di 1.6, mentre in Abruzzo tocca quota 3.0. Solo i medici non obiettori che operano in Sicilia, Puglia, Molise e Lazio sopportano carichi di lavoro più elevati. In Abruzzo, inoltre, su 16 strutture dotate di un reparto di ostetricia e/o ginecologia, solo 9 praticano le interruzioni volontarie di gravidanza (il 56,3% del totale).

Oltre al dato quantitativo, c’è un aspetto legato alla qualità del servizio fornito e anche su questo fronte, forse perfino più delicato e importante del primo, l’Abruzzo appare in forte ritardo.

“Valori nettamente più alti della media nazionale nell’uso del raschiamento si osservano in alcune regioni meridionali ed insulari, soprattutto in Sardegna e Abruzzo, dove questa tecnica è ancora utilizzata in più del 35% dei casi – si legge nel rapporto del ministero della Salute -. Poiché questa tecnica è associata ad un maggior rischio di complicanze, le Regioni dovrebbero attivarsi al fine di ridurne il ricorso”.

Non a caso il ricorso al raschiamento, a livello nazionale, mediamente supera di poco il 10%, con alcune regioni che di fatto hanno archiviato questo metodo di intervento, soppiantato da tecniche più moderne e sicure.

Stando così le cose, non sorprende che l’Abruzzo sia la regione nella quale, nell’ultimo anno, si è verificata la più alta riduzione percentuale di interruzioni di gravidanza: si è passati dalle 2.209 interruzioni del 2014 alle 1.866 del 2015, con un decremento del 15,8%. La tendenza è in calo in tutto il Paese, con la sola eccezione della Sardegna, ma nessuna regione italiana evidenzia una diminuzione così drastica degli interventi: il numero delle interruzioni di gravidanza, a livello nazionale, è sceso in media del 9,5%. Al di là degli aspetti etici e culturali, appare chiaro che l’ampiezza, la capillarità e la qualità del servizio offerto incidono sul dato numerico. Se insomma in Italia la legge consente l’interruzione la gravidanza, in Abruzzo questo diritto non sembra pienamente garantito.

Mi sento...
Felice
0%
Orgoglioso
0%
Euforico
0%
Ok
0%
Triste
25%
Arrabbiato
75%