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L’Aquila, mazzette per la ricostruzione: al via i primi interrogatori

L’Aquila, mazzette per la ricostruzione: al via i primi interrogatori

L’AQUILA, 24 luglio – Sono iniziati questa mattina, a L’Aquila, gli interrogatori degli arrestati  nell’ambito dell’inchiesta “L’importante è partecipare” su presunte tangenti negli affidamenti di 12 appalti pubblici gestiti dal beni culturali d’Abruzzo. Ad essere ascoltato per primo  il geometra del Mibact Lionello detto Lello Piccinini, responsabile del procedimento della ricostruzione del Teatro comunale, che davanti al gip si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Il dipendente pubblico, finito ai domiciliari insieme ad altre nove persone,  era accompagnato dall’avvocato Marco De Paulis che una volta fuori dall’aula ha spiegato le motivazioni della scelta difensiva:

“Ci siamo avvalsi della facoltà di non rispondere perché non abbiamo avuto ancora accesso alla documentazione. Quando l’avremo ci sarà un’attenta analisi di tutte le carte e chiederemo noi un interrogatorio dove faremo emergere l’assoluta correttezza delle procedure. In questa fase, ripeto, non abbiamo avuto la possibilità di dare chiarimenti e di rispondere”.

L’avvocato ha poi sottolineato come il suo assistito sia “tranquillo” in quanto convinto della correttezza del suo operato:

“Tutto, del resto, è documentalmente riscontrabile. Ci sono i verbali delle gare, ci sono i testimoni che assistono alle procedure”.

L’avvocato di Piccinini è intervenuto anche sulle intercettazioni in cui si sentirebbe Piccinini contare i soldi in auto:

“L’intercettazione dell’automobile che noi abbiamo letto è l’interpretazione fatta dalla Procura sulla base di un brogliaccio relativo ad una richiesta di misura cautelare. L’intercettazione andrà letta per intero. Ed anzi, già da una prima analisi si evince che la vera ricostruzione non coincide con quella fatta dalla Procura”.

Oltre a Piccinini si sono avvalsi della facoltà di non rispondere anche altri tre arrestati ai domiciliari sentiti oggi: Berardino Di Vincenzo, ex segretario generale del Mibact ed elemento centrale delle indagini, difeso dall’avvocato Emilio Bafile; Marcello Marchetti, architetto del segretariato Mibact, difeso dal legale Francesca Caccia; Antonio Zavarella, presidente della commissione di collaudo del Teatro comunale, difeso dagli avvocati Angelo Pace e Antonella Di Nino. E tutti  hanno motivato la scelta di non parlare con la necessità di studiare gli atti.

L’unico a parlare, davanti al gip, è stato  Leonardo Santoro, geometra della cooperativa l’internazionale vincitrice dell’appalto del teatro comunale dell’Aquila, protagonista della telefonata intercettata con l’imprenditore barese Vito Giuseppe Giustino, suo titolare, che rideva al pensiero di nuovi appalti in seguito al terremoto del centro Italia, in particolare Amatrice, difeso dall’avvocato Stefano Rossi.

Il deposito degli atti c’e’ stato solo venerdì scorso. Sono otto faldoni, tenuto conto della complessità dell’ inchiesta, non c’era tempo per predisporre la difesa” ha spiegato l’avvocato Bafile, che rispondendo sulle condizioni del suo assistito, l’ex segretario del Mibact Berardino Di Vincenzo ha sottolineato come  “lo stato d’animo” del sui assistito sia “molto particolare“:

“Tenete conto che è stato raggiunto da un procedimento penale quando era già in pensione, dopo aver gestito per tanti anni tutte le attività di sua competenza. Un grande dispiacere dopo aver ben operato in tutti questi anni. E’ un’inchiesta che per di più riguarda anche i suoi due figli, architetti anche loro. Ma siamo pronti a dare tutti i chiarimenti, come già fatto negli interrogatori del filone madre quello di Palazzo Centi. Abbiamo fatto istanza questa mattina per avere copia dei cd. La cancelleria non e’ stata in grado di darci materiale”.

Anche l’avvocato Caccia, difensore di Marchetti, ha voluto chiarire la strategia difensiva:

 “Risponderemo non appena avremo contezza delle carte. E decideremo che strada percorrere. Prima di parlare con il magistrato non dichiariamo altro”.

Nell’inchiesta, che avrebbe fatto emergere un sistema in cui  gli appalti pubblici venivano aggiudicati a imprese considerate amiche che operavano sostanziosi ribassi d’asta, sempre però nei limiti della regolarità, e con i soldi recuperati utilizzati  per predisporre  varianti in corso d’opera che venivano affidate direttamente  (con le ditte che  successivamente avrebbero “ringraziato” o in contanti o con incarichi elargiti a parenti e amici) sono indagate in tutto 35 persone:  10 ai domiciliari, 5 interdetti dal lavoro e 20 indagati a piede libero tra funzionari pubblici, tecnici e imprenditori.

 

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