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Scoperta a Pizzoli una sepoltura femminile dell’VIII secolo avanti Cristo

Scoperta a Pizzoli una sepoltura femminile dell’VIII secolo avanti Cristo

PIZZOLI, 3 agosto 2017 – Il territorio abruzzese non finisce di stupire, restituendo reperti e testimonianze di epoche passate dal grande valore storico. La scoperta più recente è stata effettuata a Pizzoli, nelle ultime settimane e ha portato alla luce una sepoltura femminile, dell’età del Bronzo, con corredi e gioielli.

Il rinvenimento è stato compiuto durante i lavori d’installazione di un nuovo tratto di condotta idrica in località Scentelle, nei pressi del cimitero, tra la strada Statale Picente e quella comunale per il centro di Pizzoli.

Il corredo funebre apparterrebbe ad una ragazza, adolescente o di giovane età, certamente di famiglia di notabili, forse principi. I resti erano contenuti in un monumento sepolcrale a pianta circolare, inquadrabile cronologicamente tra la fase recente della prima età del Ferro e l’età Orientalizzante, risalente alla prima metà dell’VIII secolo avanti Cristo.

Si tratta di un monumento sepolcrale “a tumulo”, fatto di pietre a secco, con un diametro di circa sei metri. L’anello esterno, con accezione fortemente simbolica, è costituito da un margine realizzato con porzioni rocciose disposte di taglio, a contenere la collinetta artificiale che custodiva la sepoltura.

La giovane defunta, di età presumibilmente compresa tra dodici e sedici anni, era distesa, con le braccia lungo i fianchi, appena rilassate sul ventre. Il corpo della ragazza era protetto da un tavolato ligneo, andato perduto, mentre il tumulo di pietre costituiva la struttura interna del monumento, che doveva essere ricoperto da uno strato di terreno vegetale, a formare una collinetta dell’altezza compresa tra 120 e 150 centimetri, delimitata alla base dal bianco circolo di pietre della crepidine.

L’appartenenza della ragazza ad una famiglia certamente “di rango” è comprovata dalla splendida parure con ornamenti e fibule di bronzo, pendagli spiraliformi e giri di collana con perline di ambra, mentre sul fianco sinistro era deposta una fusaiola esagonale di terracotta, tipico attributo di femminilità legato alle attività e al culto domestico.

Ai piedi il corredo ceramico, composto di un’unica scodella d’impasto, recuperata in frammenti, mentre ulteriori indizi restituiscono le caratteristiche dell’abito e degli accessori. La parure comprendeva due grandi fibule di bronzo con staffa a disco: una a motivo spiraliforme, fermava il drappeggio delle vesti sulla spalla sinistra; l’altra, posizionata sul petto, con il doppio motivo del triplice cerchio concentrico inciso, qualificava il corredo personale con un grande anello di sospensione e pendagli sempre di bronzo. Sul ventre, a concludere la parure sul pettorale, due probabili pendagli di bronzo, del tipo spiraliforme a fascetta.

La stoffa dell’abito, probabilmente lana, a giudicare dalle impronte dell’orditura sulle tracce di organico, poteva essere arricchita da elementi o decorazioni in lamina di cuoio e lacci, a stringere e fermare attraverso i numerosi anellini di bronzo rinvenuti in posizione funzionale.

La scoperta è stata effettuata durante la sorveglianza archeologica degli scavi di alloggiamento dell’acquedotto condotti dalla Gran Sasso Acqua Spa. Lo scavo archeologico, eseguito sotto le direzione della Soprintendenza per L’Aquila e cratere, dal 5 al 7 luglio 2017, è stato condotto dal funzionario archeologo responsabile Vincenzo Torrieri, con gli archeologi esterni Daniela Moscianese e Maria Gaudieri, incaricati dalla committenza ai fini della sorveglianza dei lavori di scavo per l’installazione dell’acquedotto.

Il restauro del corredo funerario è stato affidato al laboratorio aquilano MiMarc, con oneri sostenuti dalla società Gran Sasso Acqua. Il recupero di un corredo funerario così importante si aggiunge a quanto già rinvenuto nelle immediate vicinanze nel 2009-2010, una straordinaria fibula di bronzo di grandi dimensioni, narrante un corteo rituale di un individuo di rango dell’etnia sabina, certamente un “capo”, di questo straordinario luogo: crocevia strategico di confine tra Sabini, Vestini e Pretuzi, ai piedi del valico appenninico che collegava i popoli Tirrenici e quelli Adriatici.

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