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Abruzzo, cresce l’occupazione ma mancano all’appello 14mila posti di lavoro. L’analisi della Cisl

Abruzzo, cresce l’occupazione ma mancano all’appello 14mila posti di lavoro. L’analisi della Cisl

PESCARA, 19 luglio – Cresce l’occupazione ma mancano ancora all’appello 14mila posti di lavoro per tornare ai livelli pre-crisi. A tracciare un’analisi in chiaro scuro dell’economia abruzzese il segretario della Cisl Abruzzo e Molisi Leo Malandra che questa mattina, durante la conferenza stampa che si è svolta all’Università D’Annunzio e che ha visto la partecipazione dell’economista Giuseppe Mauro, è intervenuto sui dati Istat sottolineando nonostante il tasso di occupazione abbia raggiunto il 58,1 per cento, sia ancora lontano dai  valori del 2008, quando si attestava al 59,5 per cento.

“Le persone di 15 anni e più che in Abruzzo hanno svolto almeno un’ora di lavoro retribuito, nei primi tre mesi del 2018, sono 501 mila – ha sottolineato Malandra – Un’occupazione che, rispetto al I trimestre dell’anno scorso, è incrementata di 37 mila occupati, ma in termini assoluti e non considerando la qualità precaria dei rapporti di lavoro, mancano ancora all’appello 14 mila posti per ritornare ai valori pre-crisi”.

L’incremento occupazionale, secondo la Cisl, si concentra in particolare nell’agricoltura e nell’attività dei servizi, ma non nel commercio, negli alberghi e nella ristorazione. Anche l’industria in senso stretto e le costruzioni, in questo primo trimestre, mostrano una ripresa. Una tendenza positiva che però non ha  riportato i valori a quelli del 2008. Sono 60 mila i disoccupati, ossia coloro che tra i 15 e 74 anni si sono mossi a cercare lavoro. Un numero ancora elevato. Il tasso di disoccupazione è diminuito nel I trimestre 2018, ma rimane tuttavia ben sopra i livelli pre-crisi (6,8%).

“La ripresa occupazionale è legata essenzialmente all’aumento dei contratti a tempo determinato come ci segnala l’Inps dall’Osservatorio al Precariato. Un’occupazione che, purtroppo, non è di qualità e non è stabile soprattutto per la mancanza di incentivi, nazionali e regionali, che creerebbero posti di lavoro aggiuntivi a tempo indeterminato – ha osservato il segretario generale della Cisl -Il tessuto produttivo abruzzese sta risentendo ancora degli effetti della crisi, nonostante il valore dei prodotti esportati sia aumentato del 7,0% ed abbia recuperato il gap rispetto al 2008. Restiamo con un territorio poco competitivo e quindi scarsamente attrattivo per gli investimenti di nuova imprenditoria” .

Ne è prova, secondo il sindacato, il tasso di crescita delle imprese rilevato dalle Camere di commercio abruzzesi che continua ad avere un segno negativo, superiore anche alla media italiana.

“In Abruzzo abbiamo un sistema economico produttivo a macchia di leopardo con poche grandi e medie imprese e una miriade di piccole e piccolissime imprese (anche artigiane), quelle che esportano e quelle che hanno difficoltà non solo ad entrare nel mercato estero ma anche a rimanere nel mercato interno – ha continuato Malandra – le poche grandi e medie aziende che puntano all’innovazione e alle ricerca, e la stragrande maggioranza di quelle piccole e artigiane che non fanno innovazione e ricerca, sono sottocapitalizzate e sottodimensionate e che, ricordiamolo, rappresentano comunque oltre l’85% del nostro sistema produttivo e che non possono essere lasciate senza sostegno pubblico dalla politica”.

La crescita economica e produttiva registrata, dunque, sarebbe  legata solo agli sforzi dell’apparto produttivo delle grandi imprese e ai loro  investimenti.

“Gli investimenti pubblici sono ancora solo sulla carta degli strumenti di programmazione messi in campo dalla politica, ma in larga parte ancora non operativi e cantierati. L’Abruzzo non può reggersi solo sulla grande impresa manifatturiera, che pure, per rimanere e radicarsi, necessita di interventi infrastrutturali viari, portuali e di estensione della banda larga, come di abbattimento dei costi dell’energia. Ciò che deve essere assolutamente rafforzato è il sistema delle Pmi – ha dichiarato il professor Giuseppe Mauro  nel suo intervento – Il problema della dimensione aziendale rende il modello fragile e vulnerabile, per queste ragioni l’attività imprenditoriale ha bisogno di certezze, credibilità e punti di riferimento come infrastrutture adeguate (materiali e immateriali), di un sistema bancario aperto e pronto a sostenerle nel percorso di consolidamento finanziario e di investimenti in innovazione, ricerca, crescita dimensionale, anche mediante aggregazioni consortili, ed internazionalizzazione. Il modello di sistema bancario abruzzese dal 2012 è in crisi sia per le sofferenze lorde derivanti da prestiti al di sopra della media italiana, quasi doppia, e addirittura del Mezzogiorno, oltre che per la crisi economica che genera una relazione sempre più stretta tre economia reale e creditizia. Questa nuova situazione subita dalle banche ha conseguentemente avuto effetti fortemente restrittivi sul credito alle imprese, soprattutto quelle più piccole”.

Da qui la necessità non solo di cantierare le azioni programmate da Masterplan, Patto per lo Sviluppo e dalla Carta di Pescara, ma soprattutto di ridare ossigeno, alle Pmi.

“E’ necessario implementare tramite la Fira le garanzie finanziarie regionali rilasciate dai Confidi; in quest’ottica la Regione ha avviato un percorso condivisibile di rientro in-house, ancora in atto, per la Fira allo scopo di renderla lo strumento principe nella programmazione pubblica di sostegno alle imprese – hanno  concluso Malandra e Mauro – Bisogna creare un “patto con il sistema bancario” per un plafond finalizzato a sostenere, a credito agevolato, progetti d’investimento delle Pmi destinati alla green economy, microcredito, ai programmi di ammodernamento o ampliamento produttivo, alla digitalizzazione, alle start up, e alla promozione dell’export e all’internazionalizzazione, snellendo i tempi di erogazione dei finanziamenti bancari. Solo percorrendo questa strada l’Abruzzo potrà uscire definitivamente dalla crisi e solo così si potrà sperare di creare nuova occupazione stabile, facendo leva oltre che sulla grande e media industria, anche sulle Pmi, che rappresentano anch’esse la struttura portante del nostro sistema produttivo”.

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