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Familiari delle vittime di femminicidio in piazza a Pescara: “Verità, giustizia e certezza della pena”

Familiari delle vittime di femminicidio in piazza a Pescara: “Verità, giustizia e certezza della pena”

PESCARA, 25 novembre – Scendono in piazza tutti insieme, per chiedere verità, giustizia e certezza della pena, i familiari delle vittime dei casi di femminicidio avvenuti in abruzzo. L’occasione è il sit-in organizzato dal coordinamento Codice Rosso in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che quest’anno è stata dedicata ad Anna Carlini, la donna stuprata e rinvenuta priva di vita, lungo il tunnel della stazione ferroviaria di Pescara, nell’agosto del 2017. I responsabili sono finiti a processo per violenza sessuale e omissione di soccorso aggravata, ma non per omicidio come chiesto dai familiari.

Per questo i manifestanti hanno esposto lo striscione “Giustizia per Anna. Anna nei nostri cuori”. Una ventina i partecipanti al sit-in, tra i quali la sorella della Carlini, Isabella Martello, e i familiari di altre donne assassinate in Abruzzo. Le vittime di femminicidio sono state ricordate, con foto e nome, attraverso l’esposizione di uno striscione nero con la scritta “certezza della pena”. Nell’elenco figurano i nomi di 12 donne: Melania Rea, Aliona Oleinic, Jennifer Sterlecchini, Mihaela Roua, Giulia Di Sabatino, Ester Pasqualoni, Monia Di Domenico, Fatime e Senade Selmanaj, Laura Pezzella, Letizia Primiterra e Anna Carlini.

“Oggi i familiari delle vittime si sono stretti l’uno con l’altro per darsi forza, perché ognuno di loro chiede verità e giustizia, e vive per avere un po’ di giustizia – ha detto Adele Di Rocco, di Codice Rosso, nel corso del sit-in –. Chiedono certezza della pena e la magistratura deve dare un segnale forte, facendo sì che i responsabili paghino senza sconti. A partire dal caso di Anna Carlini – ha aggiunto Di Rocco – che è stata volutamente assassinata, ma le imputazioni sono di omissione di soccorso e non di omicidio”.

“Il 30 gennaio, se non cambierà il capo di imputazione, mi incatenerò”, ha detto Isabello Martello, sorella di Anna Carlini. Il 30 gennaio si terrà la prima udienza del processo a carico di Nelu Ciuraru e Robert Cioragariu, i due uomini rinviati a giudizio per la morte della donna, entrambi con le accuse di omissione di soccorso aggravata, e Ciuraru anche per violenza sessuale. Martello, Cordice Rosso e i familiari delle altre vittime di femminicidio chiedono che il capo d’imputazione sia riqualificato in omicidio.

“Non possiamo rimanere in silenzio – ha detto Martello – noi siamo morti due volte. Come possiamo sopravvivere se non c’è nemmeno un po’ di giustizia e che valore ha la vita ?”. La sorella della vittima ha ribadito che “mia sorella è stata ammazzata” e ha sottolineato che “due figli non hanno più una madre, che a sua volta era anche figlia e sorella”.

Il legale di Martello, Carlo Corradi, ha osservato che “il capo di imputazione, così come è stato formulato, non soddisfa la richiesta di verità dei familiari. Chiaramente dipenderà tutto dall’esito dell’istruttoria dibattimentale, perché ad oggi l’imputazione è cristallizzata sulla base delle risultanze acquisite nel corso dell’indagine – ha proseguito l’avvocato -. Noi ci stiamo attivando concretamente per fare emergere altri elementi che confermano quanto da noi sostenuto, ovvero che Anna è stata uccisa, dopo essere stata portata lì e sottoposta a violenza sessuale”.

“Ci dovremmo battere anche per la certezza della pena, perché non si possono più accettare permessi premi e sconti di pena, mentre mia figlia è sotto terra. Non ci stiamo più”. Così Fabiola Bacci, madre di Jennifer Sterlecchini – la ragazza di 26 anni uccisa con 17 coltellate a Pescara, nel dicembre del 2016, dall’ex fidanzato – questa mattina davanti al Palazzo di Giustizia di Pescara, durante il sit-in organizzato dal coordinamento Codice Rosso in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
“Non abbiamo più parole, ci sentiamo sole e ad eccezione di Codice Rosso nessuno ci aiuta – ha proseguito la donna -. Quindi questa battaglia dobbiamo portarla avanti da soli, è una battaglia contro i muri, ma tutte le forze che abbiamo le spendiamo”.

Alla manifestazione hanno preso parte anche i genitori di Giulia Di Sabatino, la ragazza di Tortoreto (Teramo) precipitata da un cavalcavia dell’A14 nel settembre del 2015. Per questa vicenda erano state inizialmente indagate tre persone, con l’ipotesi di reato di istigazione al suicidio, ma il gip del tribunale di Teramo ha disposto l’archiviazione del caso. “Hanno archiviato senza una spiegazione – ha detto la madre della giovane, Mery Koci -. E’ stato come sia mia figlia non fosse mai esistita, mentre hanno lasciato a piede libero dei delinquenti. Io e mio marito – ha aggiunto la donna – faremo di tutto per far riaprire il caso”.

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