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Hotel Rigopiano, il sindaco di Farindola: “Sugli aiuti vigeva il sistema D’Alfonso”

Hotel Rigopiano, il sindaco di Farindola: “Sugli aiuti vigeva il sistema D’Alfonso”

PESCARA, 9 gennaio – “Il procuratore ha chiesto al sindaco Lacchetta come mai si fosse rivolto all’ex presidente D’Alfonso per chiedere aiuto e lui ha spiegato che lo ha fatto innanzitutto perché lo impone la legge di protezione civile nazionale e poi perché quello era il sistema D’Alfonso che, come dimostrato anche dall’emergenza del 2015, si basava sul fatto che bisognava rivolgersi all’ex governatore per avere uomini e mezzi, dunque per chiedere aiuto”. Lo riferiscono gli avvocati Cristiana Valentini e Goffredo Tatozzi, al termine dell’interrogatorio del loro assistito Ilario Lacchetta, sindaco di Farindola, indagato nell’ambito dell’inchiesta sul disastro dell’Hotel Rigopiano.

“Ha spiegato che era responsabile anche la prefettura, ma il suo superiore gerarchico, dal punto di vista della protezione civile – hanno aggiunto – era il presidente della Regione, come previsto dalla normativa nazionale, in base alla quale, in caso di allarme che non possa essere gestito dal sindaco sul suo territorio, oltre al presidente della Regione debba essere notiziato anche il prefetto, e Lacchetta lo ha fatto la mattina del 18, depositando anche in prefettura la richiesta di intervento dell’esercito”.

I due avvocati hanno poi spiegato che “il sindaco ha chiarito, e ci sono fior di testimoni, che non ha mai scortato o accompagnato nessuno, ma semplicemente si è fermato a salutare un amico che stava salendo a Rigopiano, viste le macchine ferme e lo spazzaneve, dopo di che ha continuato il suo giro”.

Tra le contestazioni avanzate dalla Procura c’è infatti quella di avere agevolato i clienti che salivano all’Hotel Rigopiano, fino al 17 gennaio, nonostante le indicazioni di senso contrario diffuse dal dirigente provinciale Paolo D’Incecco.

“Dopo avere salutato l’amico – hanno evidenziato i due legali – Lacchetta ha continuato il suo giro per prestare soccorso, visto che Farindola era completamente abbandonata, in uno stato di gravissima crisi, con le sue oltre 20 contrade tra le quali Rigopiano”.

Gli avvocati hanno sottolineato che il sindaco, più in generale, “ha tenuto a ribadire il contenuto delle sommarie informazioni, rese senza assistenza dei legali, e questo ai fini dell’utilizzabilità dibattimentale delle di quelle dichiarazioni. Poi ha voluto chiarire con forza – hanno concluso Valentini e Tatozzi – che quanto riportato dalle informative, secondo le quali non sarebbe stato lanciato l’allarme per l’isolamento di Rigopiano, non corrisponde al vero, perché lui ribadi’ con forza che tutta Farindola e tutte le contrade erano isolate”.

Interrogato, stamani, anche Luciano Sbaraglia, indagato in qualità di  tecnico geologo che stilo’ la relazione geologica per la manutenzione straordinaria dell’hotel, allegata alla richiesta di permesso di costruire del 2006.

“Il problema è capire se all’epoca c’era la conoscenza necessaria per arrivare alla previsione, dopo tanti anni, di un evento come quello che si è verificato, e secondo noi era impossibile”, dice il suo legale, l’avvocato Pietro Cesaroni.

“A Sbaraglia fu assegnato un incarico marginale, relativo inizialmente soltanto al posizionamento di un ascensore all’interno dell’albergo – ha proseguito il legale – che poi in realtà fu utilizzato anche dal Comune per il Piano regolatore, ma lui non sapeva nulla di tutto ciò è non poteva prevedere, all’epoca, quello che sarebbe successo, perché quando redasse la relazione non aveva alcun tipo di conoscenza del pericolo valanghe in Abruzzo”.

 

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