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Hotel Rigopiano, Tedeschini: “Valanga prevedibile, indaghiamo anche su autorizzazione albergo”

Hotel Rigopiano, Tedeschini: “Valanga prevedibile, indaghiamo anche su autorizzazione albergo”

PESCARA, 28 aprile 2017 – Un filone d’inchiesta sulla prevedibilità della valanga e sulle conseguenti omissioni ed errori che sarebbero stati commessi dagli indagati. E un altro filone d’indagine, ancora agli albori, sull’iter autorizzativo relativo alla realizzazione della struttura, che forse non sarebbe mai dovuta sorgere in quel luogo. E’ quanto emerso finora dall’inchiesta sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola. A confermarlo, in un’intervista che ci è stata rilasciata in mattinata, è il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini, il giorno dopo l’iscrizione di sei persone nel registro degli indagati: il presidente della Provincia Antonio Di Marco, al dirigente delegato alle Opere pubbliche Paolo D’Incecco, il responsabile della Viabilità provinciale Mauro Di Blasio, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il geometra comunale Enrico Colangeli e l’amministratore unico della società di gestione del resort e direttore Bruno Di Tommaso, tutti accusati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e omissioni in materia di sicurezza.

Quanto al filone principale dell’inchiesta, quello sul rischio valanga, che ha portato all’iscrizione di sei persone sul registro degli indagati, Tedeschini spiega:

“Sulla prevedibilità dell’evento valanga sembrano confluire tante fonti di prove. Se oggi fossimo arrivati alla conclusione che la valanga non era prevedibile l’inchiesta l’avremmo chiusa, perché l’evento imprevedibile, in base al codice, interrompe ogni nesso causale e a quel punto qualunque sciocchezza fosse stata commessa, sul piano penale sarebbe andata in archivio”.

Il magistrato fa sapere che esiste anche un altro filone sul quale si stanno concentrando le indagini:

 “C’è un altro filone dell’inchiesta, quello relativo al crollo, che riguarda l’iter autorizzativo e la realizzazione della struttura. Questo filone di indagine si colloca in un tempo diverso rispetto ai decessi e andrà a cercare i nomi di persone lontane nel tempo. Il crollo è avvenuto adesso e occorrerà andare a ricercare condotte colpose di chi, insieme naturalmente ad una valanga, ha concorso a cagionare il crollo di un edificio, ovvero di chi  ha preso le decisioni di realizzare quella struttura, del progettista, del geologo che forse doveva fare un esame del terreno”.

Responsabilità lontane del tempo e dunque particolarmente difficili da individuare e ancor più da perseguire. Non si indaga, invece, come avrebbero voluto diversi familiari delle vittime, sul ruolo svolto dalla Regione Abruzzo e dalla Prefettura di Pescara:

“Se tra gli indagati non compaiono persone fisiche, dipendenti o rappresentanti della Prefettura o della Regione Abruzzo, la spiegazione è che allo stato delle indagini non abbiamo individuato condotte di singole persone fisiche che paiano penalmente rilevanti, in relazione alle ipotesi di reato di cui oggi parliamo, cioè omicidio colposo e lesioni colpose. La procura non fa il processo agli enti, ma fa le indagini sui comportamenti di persone fisiche. Quando si chiede dove sono la Regione o la Prefettura, sono questioni che chiamano in causa riflessioni diverse dalle nostre. I piani di valutazione sono tanti e il mio piano di valutazione è quello del penale, io non faccio responsabilità civile, non faccio responsabilità disciplinari e soprattutto non faccio responsabilità politiche”.

In particolare, rispetto al ruolo di coordinamento della Prefettura di Pescara, Tedeschini afferma:

“La mia indagine non mi ha portato lì. La mia indagine, che verte sulla ricostruzione dei fatti, sul capire chi doveva fare che cosa, chi stava dove e chi sapeva cosa, oggi mi porta su quelle sei persone fisiche”.

In conclusione il magistrato si sofferma sulle lamentele di alcuni parenti delle vittime:

“La società civile discute, confronta le proprie idee, ha i suoi dolori e i suoi problemi, ci sono bambini orfani e ci dispiace, perchè questo è un disastro, ma noi facciamo il nostro lavoro, stiamo zitti e dobbiamo parlare solo con gli atti giudiziari”.

 

 

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