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Maxi frode fiscale a Chieti, false fatture per 190 milioni di euro: 73 indagati / VIDEO

Maxi frode fiscale a Chieti, false fatture per 190 milioni di euro: 73 indagati / VIDEO

CHIETI, 18 luglio – False fatture per 190 milioni di euro. Sono i numeri impressionanti della frode fiscale e contributiva, scoperta dalla Guardia di Finanza di Chieti, che ha denunciato 73 persone per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e contributiva nell’ambito dell’operazione “Spectral Kingdom”. Sequestrati, inoltre, beni per un milione e 600 mila euro: 14 unità immobiliari, partecipazioni societarie per un valore nominale di oltre 700 mila euro e 107 conti correnti bancari e postali.

L’operazione, avviata sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Chieti, successivamente ha visto l’intervento delle Procure di Napoli e Cassino. Complessivamente sono 36 le società coinvolte. I ricavi sottratti al fisco ammonterebbero a 66 milioni di euro, mentre i contributi previdenziali non versati si attesterebbero sui 4 milioni di euro.

Dalle prime informazioni, l’attività dei militari è partita sotto il coordinamento della Procura di Chieti, ma il gruppo criminale, che è stato sgominato dalle Fiamme Gialle, ha ampliato il proprio raggio d’azione anche nelle regioni limitrofe, con reati commessi in provincia di Napoli e Latina. In pratica, secondo gli investigatori, gli indagati avevano escogitato operazioni per non pagare le tasse e sfuggire al fisco, ma sono stati scoperti dai finanzieri e non hanno potuto portare a termine il loro piano.

Questa mattina, alle prime luci dell’alba, decine di militari della compagnia di Chieti, coadiuvati dai loro colleghi dei reparti territoriali di Roma, Napoli, Bologna, Latina e Macerata, hanno eseguito il provvedimento di sequestro emesso dalla Procura della Repubblica del capoluogo pontino.

Le indagini, avviate a seguito di una richiesta di mutua assistenza amministrativa pervenuta dall’organo collaterale slovacco, hanno consentito di sgominare una collaudata ed organizzata associazione a delinquere, composta da professionisti ed imprenditori, anche attraverso il ricorso a prestanomi, che attraverso la gestione di 36 società, di cui una ramificata sul territorio teatino, aveva posto in essere un vasto ed articolato sistema fraudolento, finalizzato alla realizzazione di una cosiddetta frode carosello, volta a conseguire indebiti vantaggi fiscali in materia di imposizione indiretta, mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti per circa 190 milioni di euro.

Indebiti vantaggi anche in materia contributiva, attraverso l’illecita somministrazione di manodopera con conseguenti omessi versamenti delle ritenute previdenziali, irregolarmente compensate con i crediti erariali fittiziamente creati mediante la contabilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti.

In particolare, i vertici del sodalizio criminale avevano costituito e gestivano un circuito commerciale al cui interno si realizzavano solo formalmente le cessioni di merci, sfruttando l’interposizione di società cartiere e di società filtro, ovvero imprese prive di una stabile organizzazione aziendale e di autonomia finanziaria, gestite da meri prestanomi spesso pluripregiudicati o nullatenenti, e domiciliate, nella stragrande maggioranza dei casi, presso società di servizi ubicate nelle città di Roma, Napoli e Chieti.

Attraverso un “vorticoso” e “convulso” scambio di fatture false e l’interposizione fittizia delle “cartiere”, le società destinatarie finali dei beni, reali beneficiarie del sistema fraudolento accertato, conseguivano benefici di carattere fiscale, poiché l’acquisto da un operatore nazionale consente alla società acquirente la detraibilità dell’imposta sul valore aggiunto indicata nella fattura passiva; benefici di carattere economico, consistenti nella possibilità di acquistare la merce “sottocosto” dalla società fittizia, la quale a sua volta recupererà la conseguente perdita attraverso l’omesso versamento delle imposte dovute, potendola commercializzare a prezzi fortemente ribassati, eludendo la concorrenza tramite il ricorso ad una pratica commerciale scorretta.

Alcune delle società coinvolte hanno utilizzato gli indebiti vantaggi fiscali per realizzare anche una sistematica frode contributiva mediante la fittizia somministrazione di personale dipendente ad imprese compiacenti, andando poi a compensare i contributi dovuti con i falsi crediti d’imposta vantati. I contratti di servizio illecitamente prodotti, per circa 800 unità di personale, erano sottoscritti aggirando la normativa che regola le agenzie interinali di lavoro, le uniche autorizzate a poter somministrare personale senza fornire la propria organizzazione di uomini e mezzi. Al riguardo è stata accertata un’evasione contributiva per oltre 4 milioni di euro.

 

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