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Prostituzione all’abruzzese

Prostituzione all’abruzzese

PESCARA, 22 ottobre – In questi giorni in Abruzzo, e a Pescara in particolare, tiene banco il dibattito su quello che è noto per essere il mestiere più antico del mondo. Nel capoluogo adriatico, nella zona di via De Gasperi, è sceso in strada un comitato di cittadini, radunandosi nei pressi dei punti in cui stazionano alcune prostitute, con l’obiettivo di scoraggiare i clienti. In Consiglio regionale Leandro Bracco, di Sinistra Italiana, ha presentato una proposta di legge che mira a multare, con ammende da 2.000 a 5.000 euro, i clienti delle prostitute. ABR24 NEWS, attraverso un’intervista doppia, ha raccolto due punti di vista agli antipodi: quello di Vincenzo D’Incecco, consigliere comunale di Forza Italia, sceso in strada a Pescara insieme al comitato di via De Gasperi, e quello di Alessio Di Carlo, segretario regionale dei Radicali Italiani.

Un gruppo di cittadini è sceso in strada a Pescara con l’obiettivo di boicottare le prostitute disturbando i clienti: sei d’accordo con la loro protesta?

D’Incecco:

“I cittadini sono delusi. Io sono sceso in strada al loro fianco, e tornerò a farlo anche la prossima settimana, perché ritengo giusta questa esigenza di fare qualcosa in difesa del proprio territorio. Le persone di quel quartiere vivono diverse problematiche, tra gente che dorme per strada e scene di prostituzione tutte le sere, tanto in estate quanto in inverno. La polizia ha le mani legate, le amministrazioni emanano le ordinanze, ma non si riesce a farle rispettare”.

Di Carlo:

“Non sono d’accordo con quell’iniziativa, perché messa in quei termini, è un’iniziativa contro le prostitute. Rispetto al tema della prostituzione, come sulle droghe leggere o sul gioco d’azzardo, noi Radicali siamo per la legalizzazione, e su questo piano è comprensibile l’iniziativa di quei cittadini, perché la situazione di via De Gasperi è il frutto di una politica ipocritamente proibizionistica, in base alla quale, in Italia, un’attività che si intenderebbe vietata è in realtà tollerata ed esercitata in qualsiasi luogo”.

 

Chi sono le donne che si prostituiscono nelle strade e negli appartamenti delle nostre città?

D’Incecco:

“Da una parte ci sono donne sfruttate e su questo fronte occorrerebbe una forte repressione nei confronti degli sfruttatori, che talvolta mandano in strada anche ragazze minorenni. D’altro canto, però, ci sono anche donne che si prostituiscono per scelta e qui si apre un grosso dibattito che in ogni caso, a livello di principio, mi induce ad affermare che non è mai giusto vendere il proprio corpo”.

Di Carlo:

“Parliamo di due tipologie molto diverse, visto che in strada normalmente è rappresentato l’aspetto più disperato del fenomeno, che interessa donne non italiane, che arrivano con ben altre aspettative e che spesso restano vittime di un sistema di sfruttamento dal quale è difficile uscire. Nelle abitazioni invece il discorso è diverso, perché nella maggior parte dei casi si tratta di donne che operano in autonomia e che quindi non sono vittime di sfruttamento: le prostitute che ricevono negli appartamenti applicano tariffe molto elevate, spesso sono straniere che si trasferiscono in Italia per vent’anni, accumulando patrimoni ingenti, al riparo dalla tassazione. Alla fine tornano nei propri Paesi, senza aver versato un euro al fisco italiano”.

 

La prostituzione in casa è più tollerabile della prostituzione in strada, o entrambi i fenomeni vanno debellati?

D’Incecco:

“Una donna o un uomo che decidono liberamente di vendersi per denaro, a mio giudizio, sono la testimonianza del fallimento di una società. E’ una questione che va al di là del fatto che sono cattolico, poiché è una tematica che ha a che fare con la mercificazione della persona. Purtroppo, però, occorre fare una scelta: o si interviene pesantemente, con leggi speciali, risorse e mutamenti culturali, oppure bisogna prendere atto che lo Stato non ha la forza di opporsi e allora non c’è altra via che legalizzare e organizzare il fenomeno. Sarebbe però la sconfitta dello Stato di diritto”.

Di Carlo:

“Secondo me la prostituzione in casa è più sicura, meno pericolosa e anche meno umiliante per la prostituta. Più in generale, però, ritengo che nessuna delle due forme di prostituzione vada debellata, ma soltanto regolamentata”.

 

Saresti favorevole alla creazione di un quartiere a luci rosse nella tua città?

D’Incecco:

“Se potessi farei di tutto per evitarlo, non è uno sviluppo sensato quello che crea ghetti nei quali vendere e comprare carne umana. Lo trovo aberrante e da combattere sotto tutti i punti di vista”.

Di Carlo:

“Tendenzialmente no, ma solo perché compirei un salto maggiore, nel segno di una legalizzazione più ampia, magari con la creazione di quei famosi box dell’amore che ormai esistono in tutta Europa. E poi non mi piace l’idea del ghetto nel quale relegare le prostitute”.

 

La prostituzione non è un reato, ma lo sfruttamento della prostituzione sì. Dal tuo punto di vista, chi è più responsabile del fenomeno: la prostituta o il cliente?

D’Incecco:

“Entrambi, ma il primo responsabile è chi pensa di guadagnare sfruttando le donne. Ci sono commercianti di essere umani che guadagnano, senza essere perseguiti, con i traffici di immigrati dall’Africa e dal Medio oriente, e quella della prostituzione è solo un’altra faccia della stessa medaglia”.

Di Carlo:

“Il più responsabile, nel caso della prostituzione in strada, che vede donne vittime di sfruttamento e violenze fisiche, è indubbiamente il cliente. Per quanto riguarda la prostituzione in casa, non riesco proprio ad individuare delle responsabilità. Peraltro c’è una sentenza della Corte di Cassazione, del 27 luglio 2016, che ha riconosce ‘natura reddituale ad attività di prostituzione, di per sé priva di profili illiceità’. Viene dunque affermato dalla legge che non si tratta di un’attività vietata e che le prostitute devono pagare le tasse. E’ assurdo che dove è arrivata la Cassazione, non sia ancora arrivata la politica”.

 

Sei favorevole a multare i clienti delle prostitute ?

D’Incecco:

“Sì, se questo serve come deterrente”.

Di Carlo:

“Assolutamente no”.

 

Perché risulta così difficile smantellare le organizzazioni operanti nel racket della prostituzione ?

D’Incecco:

“Ci sono connivenze? Ci sono questioni di costume? C’è un’idea generalizzata che le vere emergenze siano altre? C’è il fatto che il racket della prostituzione è gestito dalle mafie? Probabilmente c’è un po’ di tutto questo, ma ciò che è certo è che tanto in Italia quanto in Europa, in questa fase, non si riesce a trovare il modo per contrastare questo tipo di attività”.

Di Carlo:

“E’ difficile perché c’è molta omertà da parte delle prostitute, vittime dei loro sfruttatori, perché ci si muove in un ambito di illegalità radicata e perché parliamo di un fenomeno che, ipocritamente, è in larga parte tollerato”.

 

In definitiva, come si affronta il problema della prostituzione ?

D’Incecco:

“Se lo Stato decide di combattere seriamente il fenomeno, è possibile riuscire ad azzerarlo senza ricorrere al tema della legalizzazione. Le forze dell’ordine sono perfettamente a conoscenza  delle figure apicali di questo sistema e con leggi ad hoc si può dare una stretta. Al contempo bisogna dare ai sindaci la possibilità di intervenire in modo più incisivo sul controllo del territorio e dei clienti. Infine servono anche associazioni come On The Road, che a  Pescara agisce sul piano culturale, provando a convincere queste donne a denunciare i loro sfruttatori. La legalizzazione è il rimedio più semplice, ma non quello più giusto e nessuno mi leva dalla testa che, a fronte di una eventuale legalizzazione, si creerebbe comunque un mercato parallelo e clandestino”.

Di Carlo:

“Occorrono legalizzazione e regolamentazione. E’ illogico e illiberale pensare di vietare l’esercizio della prostituzione. Bisogna quindi prevedere dei luoghi chiusi, senza discriminazioni per i clienti, garantendo la sicurezza, anche sanitaria, delle donne che scelgono di prostituirsi”.

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