Valanga sull’Hotel Rigopiano, sei indagati per omicidio colposo plurimo
PESCARA, 27 aprile – Sei indagati per 29 morti. I due Pm che indagano sul disastro di Rigopiano, Cristina Tedeschini e Andrea Papalia, hanno firmato sei inviti a comparire in cui vengono ipotizzati i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose. Gli atti sono stati notificati al presidente della Provincia Antonio Di Marco, al dirigente delegato alle Opere pubbliche Paolo D’Incecco, al responsabile della Viabilità provinciale Mauro Di Blasio, al sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, al geometra comunale Enrico Colangeli e all’amministratore unico della società di gestione del resort e direttore Bruno Di Tommaso.
Quest’ultimo è indagato anche per non aver previsto il rischio slavina nel documento per la sicurezza.
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Dopo tre mesi di accertamenti e perizie i magistrati iniziano dunque a perimetrare il campo delle responsabilità: il 18 gennaio una valanga di incredibile violenza precipitò sull’Hotel Rigopiano, tra ospiti, titolare e lavoratori nella struttura erano bloccate quaranta persone, impossibilitate a scendere a valle perché la strada di collegamento era bloccata da due metri di neve.
Per i magistrati non doveva succedere: la strada, su cui ha competenza la Provincia, doveva essere libera e transitabile. Il collegamento, d’altra parte, era considerato strategico. Il 17 gennaio, giorno precedente al disastro, alcune macchine di clienti erano state fatte salire fino all’albergo, accompagnate dalla Polizia stradale, nonostante le previsioni del tempo fossero tutt’altro che incoraggianti. In più la Provincia aveva una turbina chiusa in deposito dal 6 gennaio, ferma per mancanza di pezzi di ricambio. Un quadro dal quale, secondo i magistrati, emerge un profilo di imprudenza.
In questa situazione, sempre secondo le prime ipotesi, il sindaco di Farindola avrebbe già dovuto provvedere a sgombrare l’albergo, non il 18 gennaio, ma addirittura nei giorni precedenti. Lacchetta era consapevole della situazione di difficoltà tanto da aver aperto il Coc già il 15 aprile. Ed avrebbe avuto anche l’obbligo di controllare le comunicazioni Meteomont che, per quella zona, indicavano un alto rischio di valanghe.
Se lo avesse fatto, dice la Procura, forse avrebbe pensato a prendere provvedimenti.
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