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Crisi, in Abruzzo la ripresa è lenta. Rapporto Svimez: Pil in calo nel 2016

Crisi, in Abruzzo la ripresa è lenta. Rapporto Svimez: Pil in calo nel 2016

PESCARA, 4 agosto – Scende dello 0,2%, nel 2016, il Pil dell’Abruzzo. Il dato è di gran lunga peggiore rispetto alla media del Mezzogiorno (+1%) e a quella italiana (+0,9%). Dopo il -1,4% del 2014, il prodotto interno lordo abruzzese era cresciuto del 2,1% nel 2015, fino alla nuova battuta d’arresto dello scorso anno. Il Pil pro capite è pari a 24.453 euro. Sono i dati sull’Abruzzo che emergono dalle anticipazioni del Rapporto Svimez 2017.

Secondo Svimez, “l’Abruzzo, il cui Pil nel 2016 è negativo (-0,2%), registra un forte calo dell’agricoltura e nella regione subisce una pesante battuta d’arresto l’industria, il che denota una severa contrazione della produzione industriale regionale”.

L’agricoltura scende infatti del 4,5% e l’industria del 2,2%; crescono del 2,9% le costruzioni, fermi i servizi. Nel complesso l’economia scende dello 0,4%. Vi sono comunque segnali di ripresa del mercato del lavoro: se le costruzioni perdono l’1,1% degli occupati, tutti gli altri settori crescono, a partire dall’agricoltura (+3,3%) e da commercio, alberghi e ristoranti (+3,8%).

Nel rapporto viene sottolineato che “tutte le regioni meridionali presentano una maggiore concentrazione di residenti nei quintili più poveri, con valori più equilibrati solo in Abruzzo e Sardegna”.

“Tutte le regioni meridionali – si legge ancora – saranno interessate da un crollo della natalità, contrastata da una immigrazione dall’estero apprezzabile solo per l’Abruzzo e la Sardegna”. La popolazione abruzzese ad inizio 2016 è pari a 1.326.513 unità, con un saldo naturale di -412.424 ed un saldo migratorio di 162.686. Per il 2065 le stime parlano di 1.084.017 unità.

“La perdita di popolazione – evidenzia Svimez – interesserà da qui al 2065 tutte le classi di età più giovani del Mezzogiorno, con una conseguente erosione della base della piramide dell’età, ed un allargamento al vertice con conseguenze del tutto imprevedibili ma che potrebbero portare ad una sostanziale implosione demografica con costi sociali e economici difficilmente sostenibili”.

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