Bullismo invisibile
di Claudio Ferrante
presidente associazione Carrozzine Determinate Abruzzo
“Mamma, non riesco a distinguere se mi prendono in giro o sono gentili con me…”. Come può un bambino o un ragazzo non accorgersi di essere preso in giro, di essere preso di mira, ridicolizzato e non accettato? Come può succedere che un ragazzo non abbia la percezione di essere il bersaglio di gesti e commenti offensivi, di essere tormentato con sottili parole umilianti, di essere l’oggetto preferito di pettegolezzi malevoli o gesti osceni, di essere continuamente apostrofato in modo negativo come “matto”, “stupido”,“tonto”?
Eppure i segnali ci sono tutti. Quanti sguardi tra compagni, quante risate , quante espressioni del volto che screditano il ragazzo, quanti segnali di non accettazione… tra il benestare di altri spettatori… quante frasi… quanto sarcasmo…
Anche questi episodi sono chiare manifestazioni di bullismo. Ogni azione negativa nei confronti di persone prese di mira nel tempo, che si verifica quando è presente una condizione di disparità di “potere” di natura fisica, verbale, sociale e/o emotiva, rappresenta un episodio di bullismo.
Il bullismo, quindi, esiste non solo in presenza di atti fisici violenti, ma anche quando tali atti hanno una valenza emotiva e psicologica, ogni volta che ci sia un bersaglio in difficoltà e insieme l’intenzione di far del male, fisicamente o emotivamente.
Solitamente questi atti avvengono a scuola, ma oggi l’umiliazione pubblica viaggia sul web, amplificata e moltiplicata all’infinito. Anche la platea che assiste è cambiata; il gruppo che guarda l’azione del bullo è la comunità di Facebook, dei social, delle chat.
Ma torniamo alla frase angosciata del bambino. Come è possibile che non sia in grado di capire di essere vittima di bullismo? E’ possibile. Succede quando il bambino ha la sindrome di Asperger, una condizione dello spettro autistico.
Succede a questi ragazzi che manifestano un ritardo nella maturità sociale e nel pensiero sociale, che non comprendono né sanno usare adeguatamente i comportamenti non verbali usati per l’interazione sociale, che non sono empatici, che mancano di sottigliezza e varietà nell’espressione delle emozioni e ne rimangono spesso confusi o sopraffatti. Interpretano alla lettera quello che dicono le altre persone e i messaggi che derivano dallo sguardo e dalle espressioni altrui rappresentano un mistero, per cui fare amicizia diventa una vera e propria sfida e la socializzazione provoca un vero e proprio sfinimento fisico ed emotivo.
Sono persone con buone capacità linguistiche e ottimo vocabolario, ma si perdono nella conversazione, hanno un’insolita prosodia, risultano pedanti e stravaganti per i loro interessi ristretti e insoliti.
Anche la maturità emotiva è di solito inferiore a quella dei pari e spesso appaiono vulnerabili a sentimenti di depressione e ansia.
Per i loro comportamenti insoliti sono considerati maleducati ed irrispettosi, addirittura irritanti a causa della loro rigidità mentale e della loro notevole onestà.
Anche quando hanno un buon livello cognitivo, questi ragazzi presentano numerose difficoltà nell’ apprendimento, nell’organizzazione e nella pianificazione delle attività e del pensiero, ogni novità ed imprevisto aumentano notevolmente l’ansia e la paura di sbagliare.
A complicare il tutto non mancano la goffaggine motoria e una grande sensibilità sensoriale tale da rendere alcune esperienze sensoriali addirittura dolorose (i vestiti sulla pelle, alcune frequenze di illuminazione, alcuni rumori, colori, consistenza delle cose).
Per tutto questo sono bersaglio facile di episodi di bullismo.
I numeri non lasciano spazio ai dubbi: nel caso di ragazzi con autismo il 46% è vittima di bullismo. Una percentuale che raddoppia nella sindrome di Asperger, dove si rileva che circa il 94% dei ragazzi sono presi in giro a causa dei loro comportamenti insoliti. Secondo quanto riferito dalle madri, il 70% è vittima di violenza fisica.
Sono i dati emersi da studi americani che hanno rilevato un’incidenza di vittime di bullismo almeno quattro volte più elevata che nei pari.
Gli episodi si presentano particolarmente tra gli 8 e i 14 anni di età, nella maggior parte dei casi negli ambienti scolastici, nelle situazioni in cui manca la supervisione degli adulti e di fronte ad un gruppo che assiste ed osserva.
Un bambino con Sindrome di Asperger, spesso socialmente ingenuo, è fiducioso e ansioso di essere accettato e inserito nel gruppo, ma non riconosce il significato, il contesto, i segnali e le conseguenze delle più semplici ed ovvie situazioni sociali, non ha una percezione veritiera di quanto gli accade intorno, non individua chi è davvero amichevole e chi finge e spesso è condotto a compiere egli stesso azioni negative senza che abbia compreso le conseguenze del suo agire.
Considerato ingenuo, credulone, non “in gamba”, “tosto” o popolare, con pochi amici pronti ad accorrere in sua difesa e spesso in solitudine per ritrovare energia: insomma un debole da manuale!
In assenza di fatti eclatanti è sfinito da infiniti micro episodi, capisce di essere rifiutato ma ne ignora i motivi e le dinamiche, si abbassa passivamente senza risposta agli atti di bullismo oppure appare irritante, provocatorio o “moralista”, sia per i compagni che per gli adulti, a causa della sua incapacità di scegliere comportamenti appropriati, tanto che il commento “se l’è meritato” è sempre presente tra le giustificazioni di grandi e piccoli.
Alcuni episodi riconducibili al bullismo non sono frequenti nella popolazione scolastica generale, ma sono più comuni quando a esserne vittima è un bambino con sindrome di Asperger.
Non essere invitati nei momenti sociali del gruppo classe (ricreazione, palestra, svago, feste), non avere risposta alle domande, essere scelti sempre per ultimi in un gioco o in una squadra, essere ignorati o sempre tenuti a distanza rappresentano il rifiuto e l’esclusione sociale, quindi sono forme di bullismo tanto quanto la violenza fisica.
Le vittime di episodi di bullismo soffrono a causa della conseguente bassa autostima, a cui seguono ansia e depressione, compromissione del rendimento scolastico e isolamento sociale sia nella popolazione neurotipica che nel caso di ragazzi con autismo. Sul ragazzo Asperger le conseguenze profonde e radicate sono molto più durature o addirittura permanenti, rispetto a quelle che si hanno quando la vittima è un ragazzo neurotipico.
Il bullismo non si risolve con isolate azioni punitive, ma con azioni sistemiche: sulla vittima per rinforzare l’autostima, l’auto consapevolezza e il diritto a non essere vittima; sul bullo per rimuovere il disagio che lo spinge ad affermarsi con violenza sugli altri; sul gruppo in cui si sono manifestate le azioni, per stimolare gli spettatori a denunciare le violenze e a non sostenere i bulli; sugli adulti per strutturare la sorveglianza e l’educazione alla diversità; sulle famiglie per insegnare loro a cogliere i segnali silenziosi dei figli in difficoltà e sulle istituzioni perché siano fatte diagnosi corrette ed azioni capillari di prevenzione, riconoscimento, ed informazione sul bullismo.
Fondamentale inoltre è la conoscenza della diversità, la lotta contro la discriminazione e l’intolleranza, la conoscenza della disabilità e del suo vero significato, che può essere spiegato solo riconoscendo che è l’ambiente che ci limita, che ci rende disabili, tanto nel caso di una persona con difficoltà motorie che incontra una rampa di scale, cosi come nel caso di una persona nello spettro autistico che incontra un ambiente sovraccarico di stimolazioni e di significati incomprensibili.
Non basta.
Bisogna educare all’autismo, diffondere la cultura della neurodiversità, conoscere di cosa si tratta, e soprattutto che cosa non è, stravolgere gli stereotipi che vedono queste persone rinchiuse dentro bolle ed isolate dal mondo, bisogna comprendere che quasi sempre la bolla è l’ambiente e non la persona stessa.
L’autismo può essere una condizione inizialmente invisibile, soprattutto nelle forme ad alto funzionamento o nella sindrome di Asperger. E’ necessario che gli esperti di autismo abbiano una voce forte nella società per raccontare luci ed ombre di questo spettro, per cambiare le cattive prassi e sgretolare l’ignoranza e la paura.
Chi lavora con i ragazzi, neurotipici o autistici deve aver il coraggio di formarsi e mettersi in discussione, di modificare l’ambiente, abbattere le barriere culturali per garantire diritti ed inclusione.
I ragazzi con autismo fanno parte del contesto sociale e per avere una vita dignitosa hanno bisogno di assistenza e sostegno per lo studio, il lavoro, l’inserimento sociale e tutte le attività compromesse a causa del loro diverso funzionamento.
E soprattutto le famiglie hanno il diritto di tornare ad essere tali, di lasciare il posto ad operatori sociali e sanitari nella presa in carico dei loro ragazzi, hanno il diritto di vivere il ruolo di madri e padri e di condividere il compito dell’assistenza con gli enti responsabili per avere sulle spalle un peso minore, un peso che solo chi vive una vita nello spettro può capire.
…”Mamma, non riesco a distinguere se mi prendono in giro o sono gentili con me… ma un giorno qualcuno vorrà veramente essere mio amico e io voglio essere disponibile”.