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Elezioni comunali, D’Alberto vince sfilandosi da D’Alfonso. Scordella passeggia sulle macerie Pd

Elezioni comunali, D’Alberto vince sfilandosi da D’Alfonso. Scordella passeggia sulle macerie Pd

TERAMO, 25 giugno – I risultati delle ultime elezioni amministrative, in particolare nei due comuni abruzzesi interessati dal turno di ballottaggio, evidenziano esiti opposti, ma dinamiche in linea con il trend della politica nazionale: la Lega erode fette di consenso sempre più ampie al Movimento 5 Stelle; il centrodestra non è più chiaro cosa sia e da chi sia formato; il centrosinistra è al collasso ma, nonostante tutto, può ancora sperare. Può sperare – come indica il caso D’Alberto a Teramo – quando si libera dal gioco di una classe dirigente ormai invisa ai cittadini. E’ destinata a soccombere – come conferma il caso Comignani a Silvi – nel momento in cui è percepita come compromessa con l’establishment dem. Pesano non poco, inoltre, le specificità locali, che hanno giocato un ruolo decisivo soprattutto nella partita teramana.

Che a Teramo le cose, per Giandonato Morra, non stessero andando per il verso giusto, lo si era intuito fin dai risultati del primo turno. Nonostante un incoraggiante 34,6%, il candidato del centrodestra aveva incassato un migliaio di voti in meno di quelli ottenuti dalle liste. Era chiaro che il regolamento di conti, dopo la logorante parabola dell’amministrazione Brucchi, aveva lasciato degli strascichi nella coalizione. Strascichi che, al tirar delle somme, sono risultati decisivi. Come decisivo è stato il mancato appoggio della componente legata a Mauro Di Dalmazio.

Morra era probabilmente l’unica figura in grado di ricompattare le varie anime del centrodestra teramano: in parte ci è anche riuscito, ma all’ultimo scatto è finita – questa volta a parti inverse – come per Pietrucci a L’Aquila. Si chiude, dunque, dopo 14 anni, la lunga parentesi del centrodestra alla guida di Teramo. Si chiude anche, con ogni probabilità, la seconda vita politica di Morra che, dopo l’elezione sfuggita di un soffio alle politiche del 4 marzo, esce ulteriormente ridimensionato dal ko subito alle amministrative.

Sul fronte opposto può gioire Gianguido D’Alberto. La sua vittoria in rimonta, in controtendenza rispetto al vento che tira nel resto d’Italia, lascia accesa la fiammella della speranza nel centrosinistra, tanto in Abruzzo quanto a livello nazionale.

Non è una vittoria arrivata per caso e non era una vittoria facile, a prescindere dalle litigiosità nel campo avverso. D’altronde, in un territorio che negli ultimi anni è stato duramente colpito dagli eventi sismici e atmosferici, senza trovare forza e risorse per rialzarsi, l’opinione pubblica ha maturato un forte dissenso rispetto all’operato del giunta D’Alfonso. Morra, soprattutto negli ultimi giorni di campagna elettorale, ha provato a giocare la carta dell’equazione D’Alberto-D’Alfonso, ma D’Alberto è stato bravo a non fornirgli alcun appiglio. D’Alberto è stato bravo a smarcarsi da D’Alfonso, che a Teramo, nelle ultime settimane, non ha potuto avvicinarsi neanche in areo. E’ stato bravo ad imporre un carattere civico alla sua coalizione, tenendo a bada anche il Pd teramano, ma riuscendo comunque ad incassarne il leale sostegno. D’Alberto è stato bravo, soprattutto, a farsi interprete del bisogno di discontinuità e rinnovamento proveniente dai cittadini. A giudicare dalle sue prime parole da sindaco, D’Alberto mostra tutta l’intenzione di proseguire sulla strada tracciata:

“Sulla ricostruzione si deve cambiare passo, a partire dall’Ufficio speciale per la ricostruzione, perchè quello che è successo fino ad ora non va bene. Pretenderemo, per il bene e l’interesse di Teramo, che venga messa la ricostruzione della città al centro. Su questo non ci interessano i colori politici, perchè per noi ciò che è conta è restituire a Teramo la dignità di città capoluogo”. D’Alfonso è avvertito.

Perfettamente in linea con il trend nazionale, invece, quanto avvenuto a Silvi, dove il ballottaggio  regala all’Abruzzo il suo primo sindaco leghista: Andrea Scordella. Il nuovo primo cittadino di Silvi non ha dovuto fare altro che tenere unita la propria coalizione e attendere che passasse il cadavere sulla riva del fiume. Comignani, dopo essere stato costretto a concludere in anticipo la propria esperienza di sindaco, non era oggettivamente un candidato spendibile: sulle sue spalle il peso di una giunta marcata dal segno del fallimento, di una coalizione di centrosinistra frammentata e dell’appartenenza al Partito Democratico, mai così in basso nell’indice di gradimento degli elettori abruzzesi.

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