Luciano vince nel deserto

PESCARA, 12 giugno 2017 – “Queste elezioni rafforzano ulteriormente la compagine che governa la Regione”. Ineccepibile Luciano D’Alfonso, nel commentare i risultati dell’ultima tornata elettorale. D’altronde il centrosinistra in Abruzzo ha vinto e considerando che il centrosinistra in Abruzzo è D’Alfonso, le ultime elezioni amministrative restituiscono un esecutivo regionale più forte e una regione più dalfonsiana di quanto fosse prima di domenica sera.

Strappa invece soltanto un sorriso il commento del segretario regionale del Pd, Marco Rapino, secondo il quale l’esito del voto dimostra che “buona amministrazione e competenza sono l’unica ricetta per contrastare i populismi”. Al buon Rapino, che è segretario di partito tanto quanto Alessandrini è sindaco di Pescara, verrebbe da rispondere alla romana: “Caro Marco, avete vinto e siete stati bravi, adesso però nun t’allargà”. Perchè diciamola tutta, il centrosinistra in Abruzzo ha vinto solo ed esclusivamente per manifesta incapacità degli avversari, fiaccati da guai giudiziari, crisi identitarie e processi di disgregazione politica.

Questo centrosinistra, a tutti livelli, non suscita entusiasmi e non è in grado di presentare risultati apprezzabili ai cittadini: non è amato l’esecutivo nazionale, non è amato il governo regionale, non sono amati i sindaci che controllano alcuni dei principali comuni abruzzesi e meno che mai sono amati i presidenti delle moriture, ma dure a morire, province della regione. Le liste d’attesa, negli ospedali abruzzesi, sono sempre più lunghe, i dati sulla disoccupazione sono disastrosi e come se non bastasse ci si sono messi pure terremoti, valanghe e ondate straordinarie di maltempo a peggiorare le cose. Tutto intorno al centrosinistra, però, c’è solo il deserto.

Il centrodestra è ormai allo sbando e la sua schizofrenia si manifesta nelle mille formule e nelle mille alchimie attraverso le quali si è presentato agli elettori: tutti insieme appassionatamente a L’Aquila, divisi ad Ortona, nascosti dietro gli emblemi delle liste civiche ad Avezzano, San Salvo, Martinsicuro e Spoltore. Nazario Pagano, da coordinatore regionale di Forza Italia, non dà più segni di vita, e a dettare termini e condizioni sono ormai i colonnelli di partito, che curano solo ed esclusivamente i propri orticelli. Chiedere a Febbo, Di Stefano e Sospiri per informazioni.

Se il centrodestra non se la passa bene, non sta meglio il Movimento 5 Stelle, la cui (non più) irresistibile ascesa è stata placata dall’effetto Raggi. I molteplici atti di autolesionismo compiuti dalla giunta capitolina e la macchina da guerra anti-grillina messa in moto dalla santa alleanza Renzusconiana, si traducono nelle percentuali marginali alle quali sono ridotti i pentastellati: meno del 5% a L’Aquila, 8% ad Avezzano, di poco sopra il 10% a Spoltore e Martinsicuro. Ad Ortona non sono neanche riusciti a presentare un candidato perchè hanno litigato tra loro. Hanno molto su cui riflettere i grillini, a partire dai metodi di selezione di una classe dirigente che non sempre appare all’altezza. Sarebbe sciocco, però, darli per morti. Alle politiche, dove il voto d’opinione prevale, sarà tutta un’altra partita.

Nel frattempo D’Alfonso se la gode e si frega le mani pensando alla sua imminente corsa verso il parlamento. Se la ridono anche i gruppi di potere, a partire dai costruttori, che a L’Aquila hanno trovato il candidato naturale nel democrat Americo Di Benedetto, una figura forse perfino più a destra di quell’ex fascistone di Biondi. I due se la vedranno al ballottaggio, con Di Benedetto che parte da un vantaggio di oltre undici punti. Restando nel capoluogo, Carla Cimoroni non è Luigi De Magistris, ma soprattutto L’Aquila non è Napoli: da queste parti i Masaniello non trovano terreno fertile e la discontinuità è percepita come una pericolosa minaccia.

Anche ad Avezzano tira aria di festa per l’establishment dalfonsiano, con Giovanni Di Pangrazio, fratello del presidente del Consiglio regionale, che è dieci punti avanti rispetto al candidato del centrodestra Gabriele De Angelis. Difficile che il ballottaggio possa invertire il trend. Il “capolavoro” del centrosinistra è rappresentato però dalla conferma di Luciano Di Lorito, che a Spoltore ha centrato la vittoria al primo turno, portando in dote al Pd mille voti in più rispetto al 2012: la lista democrat passa dal 28,5% al 35,3%.

Il rovescio della medaglia è Ortona, dove Camillo D’Alessandro, uomo di fiducia del governatore e sedicente ras locale, non ne ha azzeccata una: il risultato è che il centrosinistra si è frammentato in mille pezzi, si è presentato con quatto candidati e quello appoggiato dal Pd non è neanche arrivato al ballottaggio. Un candidato non da poco, peraltro: parliamo dell’ammiraglio Veri’, che nonostante fama e blasone non ha convinto l’elettorato ortonese. Allo stesso tempo il Pd, che nel 2012 aveva ottenuto 2.379 voti, pari al 17,4% dei consensi, è crollato a quota 939 voti, pari ad appena il 7,5% delle preferenze.

San Salvo e Martinsicuro, infine, rappresentano più dei campanelli d’allarme per il centrosinistra che dei segnali di speranza per il centrodestra. In entrambi i casi, infatti, il centrodestra prevale, ma lo fa negando se stesso, ovvero rinunciando ai propri simboli a favore di quelli delle liste civiche: vince Tiziana Magnacca a San Salvo, ottenendo la conferma già al primo turno. E’ in testa anche Massimo Vagnoni, a Martinsicuro, con un vantaggio di quasi 20 punti sul sindaco uscente e con la candidata del centrosinistra che non arriva neanche al ballottaggio.

Il quadro è più che mai fluido ed instabile. Il deserto, che il centrosinistra abruzzese è chiamato ad attraversare, resta pieno di insidie.

 

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