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Prima udienza sul disastro dell’Hotel Rigopiano. Parti offese: “D’Alfonso re delle turbine”

Prima udienza sul disastro dell’Hotel Rigopiano. Parti offese: “D’Alfonso re delle turbine”

PESCARA, 10 luglio – Prima tappa in aula nell’ambito del lungo iter processuale riguardante il disastro dell’Hotel Rigopiano. Questa mattina, nel tribunale di Pescara, è iniziata la discussione sulle opposizioni alle 22 richieste di archiviazione avanzate dalla Procura e riguardanti diversi esponenti politici, a cominciare dagli ex presidenti D’Alfonso, Chiodi e Del Turco.

Presenti, nell’area riservata al pubblico siedono una ventina di familiari delle vittime, che hanno indossato magliette con le foto dei propri cari stampate su un lato e il numero 29, corrispondente al numero di persone decedute nella tragedia del 18 gennaio del 2017, stampato sull’altro.

Nelle prime due ore di udienza si sono alternati i legali delle parti offese che hanno presentato le istanze di opposizione. Successivamente hanno parlato il procuratore Serpi, per una quarantina di minuti, e i legali di altre parti offese.

Il procuratore capo Massimiliano Serpi ha illustrato le ragioni per le quali ha presentato le richiesta di archiviazione di 22 indagati ed è tornato a ribadire la distinzione tra responsabilità politica e penale degli indagati.

“Il punto sul quale ci siamo soffermati è quello relativo alla figura tecnica, che è emersa, di D’Alfonso funzionario di fatto e re delle turbine e, di conseguenza, anche dominus e responsabile per colpa della prigionia dei nostri assistiti che è stata causa dell’evento –
ha detto l’avvocato Romolo Reboa, che insieme ai legali Roberta Verginelli, Maurizio Sangermano e Gabriele Germano assiste il superstite Giampaolo Matrone e i familiari di Valentina Cicioni, Marco Tanda e Jessica Tinari, deceduti nella tragedia -. Se una Regione approva una legge e non la manda avanti, non può sottrarsi dalla responsabilità di un evento. Allo stesso modo non può un ente mandare a morire delle persone, facendole salire al resort, sapendo che resteranno prigioniere”.

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