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Abruzzo, il Pd perde i pezzi. Diodati se ne va e attacca D’Alfonso: “Non è leader, ma padrone”

Abruzzo, il Pd perde i pezzi. Diodati se ne va e attacca D’Alfonso: “Non è leader, ma padrone”

PESCARA, 8 febbraio – Il Pd dalfonsiano continua a perdere pezzi. Mentre il presidente della Regione continua a battere l’Abruzzo in cerca di consensi per la sua elezione al Senato, c’è chi sbatte la porta e se ne va. Dopo Donato Di Matteo, anche Giuliano Diodati si tira fuori dal partito. Diodati, oltre ad essere uno degli uomini più vicini proprio a Di Matteo, è stato anche assessore al Comune di Pescara, estromesso senza troppi complimenti dalla giunta Alessandrini, nel corso dell’ultimo rimpasto, che è servito per fare spazio a Teodoro.

Dure le parole di Diodati:

“In seguito ad una lunga riflessione ho deciso di sospendermi dal Partito Democratico. Ho assistito allo sgretolarsi dei principi democratici, del senso di comunità, appartenenza e coesione che dovrebbero essere le fondamenta di una qualsiasi organizzazione che si pone come obiettivo il bene comune. Vani i miei tentativi di far comprendere quanto tutto questo avrebbe portato il partito ad allontanarsi dalla sua base, dai cittadini, sempre più smarriti e amareggiati”.

Poi l’ex assessore ripercorre i suoi trascorsi:

“Ho servito questo partito dai banchi dell’opposizione, credendo nello spirito di gruppo. Ho contribuito a far tornare il Pd al governo di questa città, convinto che avrebbe fatto la differenza. Ho assolto al mio ruolo di assessore cercando sempre il confronto, ascoltando le ragioni di ognuno, affinché le varie problematiche venissero affrontate e risolte con spirito costruttivo. Quando si governa si hanno delle responsabilità dalle quali non si può prescindere. Quando si ricopre un ruolo elettivo lo si fa perché ti hanno dato fiducia e quella fiducia non va mai tradita, il mio imbarazzo davanti a coloro i quali avevano espresso fiducia a me e di conseguenza a questo partito”.

Quindi l’affondo finale, che chiama in causa D’Alfonso senza mai nominarlo:

“Un partito è fatto di tante persone, nasce e vive di collegialità, guidato da principi comuni e obiettivi condivisi. Quando tutto questo viene meno si accetta una gestione padronale che nulla ha a che fare con la leadership. Un leader alla guida di un partito ha la funzione di guidare! Un leader apprezza e incoraggia il lavoro del gruppo. Non impone, ascolta. Non è arrogante, ma umile. Quanto scritto in coerenza con i miei principi a chiarimento del venir meno delle ragioni della mia permanenza in un partito così gestito”.

 

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