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Armi ad Isis ed Iran, un arresto anche all’Aquila. Tra i destinatari dei fermi anche Andrea Pardi

Armi ad Isis ed Iran, un arresto anche all’Aquila. Tra i destinatari dei fermi anche Andrea Pardi

L’AQUILA,  31 gennaio – Tocca anche l’Aquila l’operazione “Italian Job”, condotta dal nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Venezia, su ordine della Dda partenopea, che ha eseguito proprio in queste ore il fermo, nelle province di Roma, Napoli, Salerno e L’Aquila , di 4 persone indiziate di traffico internazionale di armi e di materiale dual use di produzione straniera.

Tra i destinatari dei quattro provvedimenti figura anche l’amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri Andrea Pardi, toccato anche da un’altra inchiesta su traffico di armi e reclutamento di mercenari tra Italia e Somalia.

Secondo la Guardia di Finanza, che ha condotto le indagini, i quattro destinatari delle misure, in concorso tra loro, nel periodo tra il 2011 e il 2015, avrebbero introdotto in paesi soggetti ad embargo, quali Iran e Libia, in mancanza delle necessarie autorizzazioni ministeriali, elicotteri, fucili di assalto e missili terra aria.

Oltre a Pardi ad essere raggiunti dal provvedimento di fermo anche una coppia di coniugi di San Giorgio a Cremano, entrambi convertiti all’Islam radicale, Mario Di Leva, col nome di Jaafar, e Annamaria Fontana. Nell’indagine risulterebbe indagato anche il figlio della coppia mentre un quarto destinatario di misura di fermo, un cittadino libico, sarebbe ancora ricercato.

L’operazione odierna, ancora in corso di esecuzione, vede i militari delle Fiamme Gialle impegnati anche in dieci perquisizioni con la Finanza che nel corso delle indagini avrebbe accertato come tutti i soggetti coinvolti svolgano, formalmente, attività connesse con il commercio internazionale, avvalendosi anche di società con sede in Paesi esteri, principalmente in Ucraina ed in Tunisia, nonché mantenendo consolidati rapporti con personalità del mondo politico e militare in Stati dell’area asiatica e mediorientale quali Iran e Libia.

“L’esame della documentazione cartacea e telematica sequestrata a seguito di perquisizioni delegate, eseguite nel novembre del 2015, insieme alle risultanze delle indagini tecniche e delle dichiarazioni rese da persone informate sui fatti, ha permesso di ricostruire l’entità dei traffici illeciti di cui si parla aventi ad oggetto,  tra l’altro, anche vari tentativi, idonei e diretti in modo non equivoco, di vendere elicotteri militari, fucili d’assalto, munizionamento da guerra, missili anti-carro e terra-aria, sempre nei due citati Paesi sottoposti ad embargo internazionale” si legge in una nota della Finanza, con la Procura di Napoli che durante le attività d’indagine ha anche trasmesso rogatorie internazionali verso i diversi Paesi interessati dalla vicenda”.

Le indagini, in particolare, avrebbero permesso ad investigatori ed inquirenti di chiarire come  Pardi, “in assenza delle necessarie autorizzazioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e del Ministero dello Sviluppo Economico, previste dalla Legge n. 185/1990 e dal D.Lgs. n. 96/2003”  nel 2015 abbia  “compiuto  atti idonei ad esportare in Libia, Stato sottoposto ad embargo internazionale con decisione del Consiglio dell’Unione Europea, elicotteri militari di fabbricazione sovietica ad uso militare, fucili d’assalto, missili, nonché materiale dual use” mentre a Di Leva e alla moglie  viene contestato sia di “aver concorso con il Pardi”  sia  di aver ceduto sempre in Libia, nel periodo che va dal 2011  al 2015 “armi da guerra, nonché missili terra-aria e anti-carro, prodotti in Paesi dell’ex blocco sovietico” e di aver ” venduto pezzi di ricambio per elicotteri ad uso militare e materiali dual use ad una società con sede in Iran, Paese sottoposto ad embargo internazionale”.

Attività nella quale, per eludere i divieti internazionali, la coppia napoletana  si sarebbe avvalsa di società estere ad essa riconducibili. Sempre a Di Leva e alla moglie investigatori ed inquirenti contestano di aver “compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad effettuare operazioni di esportazione di beni dual use, consistiti nell’intavolare concrete trattative commerciali per l’introduzione di materiali per la produzione di munizionamento in Iran”. Un legame quello della coppia con l’Iran testimoniato anche da una foto, acquisita agli atti delle indagini, che li ritrae in compagnia dell’ex premier iraniano Ahmadinejad.

Un commercio di armi nel quale la coppia si sarebbe avvalsa anche della collaborazione di un cittadino libico,  accusato di essersi “recato in Ucraina per verificare la qualità degli armamenti, dopo essere stato accreditato dal Di Leva presso l’impresa ucraina fornitrice quale suo ‘direttore della produzione’ “.

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