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Mega discarica di Bussi, la sentenza: avvelenamento colposo delle acque e 10 condanne

Mega discarica di Bussi, la sentenza: avvelenamento colposo delle acque e 10 condanne

L’AQUILA, 17 febbraio – A Bussi fu avvelenamento colposo delle acque. È quanto ha stabilito oggi pomeriggio la sentenza della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, presieduta da Luigi Catelli, nell’ambito del processo sulla mega discarica dei veleni della Montedison scoperta nel 2007 a Bussi sul Tirino. I giudici hanno così modificato la prima sentenza di due anni fa, quando il reato di avvelenamento non fu riconosciuto dalla Corte d’Assise di Chieti. Nella sentenza di oggi è stata anche riconosciuta la sussistenza di alcune aggravanti in merito al reato del disastro colposo. In sostanza ci furono sia avvelenamento delle acque che disastro ambientale, ma i reati sono stati riqualificati in fatti di colpa.

L’avvelenamento aggravato è stato dunque riconosciuto, ma il reato risulta prescritto. Questo aspetto della sentenza assume in ogni caso grande rilievo sul piano della ricostruzione storica della vicenda. In merito al disastro colposo, invece, il riconoscimento delle aggravanti annulla la prescrizione, consentendo la condanna di 10 dei 19 imputati, con pene che vanno dai 2 ai 3 anni, ma che beneficiano del condono, in quanto i fatti sono tutti antecedenti il 2 maggio 2006.: a 3 anni ciascuno, pena condonata, sono stati condannati Maurilio Aguggia, Carlo Cogliati, Leonardo Capogrosso e Salvatore Boncoraglio, mentre sono stati condannati a 2 anni, pena condonata, Nicola Sabatini, Domenico Alleva, Nazzareno Santini, Luigi Guarracino, Carlo Vassallo e Giancarlo Morelli. Si tratta nella maggior parte dei casi di ex manager della Montedison.

 

I giudici della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, inoltre, nel riformare la sentenza di primo grado, in virtù dei reati riconosciuti, hanno anche stabilito le provvisionali e le spese legali da corrispondere alle parti civili, ovvero 3,7 milioni di euro così ripartiti: 2,705 milioni di provvisionali e 592 mila euro che con gli oneri arriveranno a un milione di spese legali. La sentenza ha così stabilito il principio del risarcimento danno, che viene per ora solo coperto parzialmente dalle previsionali, mentre il conto successivo sarà fatto in sede civile.

A questa fase del procedimento si è arrivati dopo il pronunciamento dello scorso marzo della Cassazione, che ha convertito in appello tutti i ricorsi presentati “per saltum” alla Suprema Corte. In Corte d’Assise a Chieti, il 19 dicembre 2014, 19 imputati erano stati assolti dall’accusa di aver avvelenato le falde acquifere, mentre il reato di disastro ambientale fu derubricato in colposo e quindi prescritto.
L’indagine della procura di Pescara sulla mega discarica dei veleni prese il via nel 2007 con la scoperta da parte del Corpo Forestale dello Stato di circa 185mila metri cubi di sostanze tossiche e pericolose in un’area di 4 ettari nei pressi del polo chimico di Bussi.

L’esito della sentenza di primo grado ha provocato alcune inchieste giornalistiche che hanno prodotto indagini da parte della procura di Campobasso nei confronti del giudice Camillo Romandini, presidente del Collegio in Assise, per presunte pressioni sui giudici popolari. A seguito dell’indagine, il ministero della Giustizia ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti del giudice, mentre la procura generale della Cassazione sta svolgendo le indagini del caso.

Questo il commento dell’avvocato Tommaso Navarra, che ha rappresentato il Wwf in questa lunga vicenda giudiziaria:

“Dopo due anni di lavoro e di assoluta fiducia nella giustizia oggi possiamo dire che anche i reati ambientali possono trovare un giusto accertamento di verità. Un ringraziamento particolare va ai nostri associati che negli anni hanno saputo credere in questo percorso giudiziario tanto tribolato quanto importante”.

Luciano Di Tizio, il delegato abruzzese che ha seguito il processo per il Wwf Italia aggiunge:

“Oggi è stato compiuto un passo avanti importante nell’accertamento della verità ma l’obiettivo finale, come abbiamo sempre detto, resta la bonifica del territorio e l’applicazione del sacrosanto principio del chi ha inquinato paghi”.

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