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Omicidio Rapposelli: il pericolo di inquinamento delle prove alla base dell’arresto

Omicidio Rapposelli: il pericolo di inquinamento delle prove alla base dell’arresto

TERAMO, 7 marzo –  Cinquantacinque pagine per puntellare un’ordinanza di custodia cautelare che individua nell'”incessante ed attuale attività di inquinamento probatorio” l’urgenza di disporre la misura cautelare contestualmente alla dichiarazione di incompetenza territoriale. Perché è proprio nelle condotte di Simone e Giuseppe Santoleri, rispettivamente figlio ed ex marito di Renata Rapposelli, accusati di omicidio volontario e sottrazione di cadavere per la morte della donna, che il gip di Ancona ha individuato la necessità dell’arresto.

Per il gip,  che ripercorre tutte le tappe della vicenda, è evidente la “perdurante attività degli indagati volta a depistare ed ostacolare le indagini in corso”. Attività nella quale assumerebbero “particolare gravità le denunce strumentali presentate nei confronti” di due testimoni e la “pesante attività intimidatoria posta in essere da Santoleri” nei confronti di una terza persona. E l’attualità dell’esigenza cautelare sarebbe dimostrata anche dalla ultime condotte poste in essere dai Santoleri persino dopo la richiesta di custodia avanzata dalla Procura, tra le quali “la volontà di “sopprimere mediante rottamazione la Fiat 600, onde impedire eventuali comparazioni compromettenti”.

Nell’ordinanza il gip individua poi, tra le esigenze cautelari, anche quella della pericolosità sociale degli indagati. “I due hanno agito con scaltrezza, con modalità non cruente e, dunque, senza lasciare alcuna traccia ematica” scrive il gip, sottolineando come si siano anche impegnati nel sottrarre Giuseppe alla ‘pressione’ degli interrogatori “sia dopo la denuncia di scomparsa (attraverso il primo ricovero in ospedale) sia dopo il ritrovamento del cadavere (attraversamento l’inscenamento del tentativo di suicidio, con conseguente secondo lungo ricovero)”.

Ma non solo. Perché proprio nell’indagare la pericolosità sociale degli indagati il giudice si sofferma sulla personalità di Simone che, sottolinea il magistrato, ha alle spalle “due precedenti giudiziari significativi: una condanna per violazione di domicilio e danneggiamento seguito da un incendio ed un procedimento chiuso con remissione di querela, ma per condotte persecutorie in danno della convivente dell’epoca”. Una “personalità criminale” che sarebbe confermata anche dalle parole della sorella, che “ha riferito di un tentativo di avvelenamento posto in essere da Simone nei confronti della madre e lo ha definito come una persona dal carattere violento e particolarmente irascibile”.

Nell’ordinanza, infine, il gip dedica spazio anche al duplice movente alla base dell’omicidio: non solo questioni economiche, “esplose nel mese di giugno 2017, momento in cui sulla pensione di Santoleri è stata applicata una trattenuta di 200 euro a favore di Rapposelli Renata” e relative anche a tremila euro di arretrati, ma anche, e in primo luogo, “l’astio nutrito da Simone nei confronti della madre, con radici remote, da far risalire all’età adolescente”. Aspetti di cui è stato lo stesso Simone a parlare, nel corso di diverse trasmissioni televisive, con le due motivazioni che si sarebbero “vicendevolmente catalizzate fino a ‘scoppiare’ proprio il giorno della visita della Rapposelli a Giulianova”. Visita che, secondo gli inquirenti, si sarebbe conclusa con la morte della donna.

Una morte che per il gip, che sposa l’assunto della Procura, vedrebbe la chiave di volta a sostegno dell’ipotesi dell’omicidio e delle responsabilità dei Santoleri proprio nella “falsità dell’accompagnamento a Loreto” della donna da parte dell’ex marito il 9 ottobre. Viaggio smentito dalle varie testimonianze raccolte, che confermerebbero la presenza della donna a Giulianova per quel giorno ben oltre l’orario indicato dai due uomini.

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