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Rimpasto di Giunta a Pescara, Di Matteo cita ‘Il Padrino’ e avverte: “Sarà guerra anche in Regione”

Rimpasto di Giunta a Pescara, Di Matteo cita ‘Il Padrino’ e avverte: “Sarà guerra anche in Regione”

PESCARA, 25 agosto 2017 – Il giorno dopo il rimpasto di Giunta a Pescara, che ha comportato l’estromissione di Giuliano Diodati dalla squadra di governo cittadina, la componente del Pd legata all’assessore regionale Donato Di Matteo scende sul piede di guerra, attaccando frontalmente il sindaco Marco Alessandrini e vertici del partito, e minacciando ripercussioni in Comune, in Provincia e in Regione. E’ il Donato Di Matteo show, con l’assessore che con il suo consueto linguaggio colorito lancia messaggi e avvertimenti, promettendo fuoco e fiamme. Solo il tempo dirà se si tratta del solito gioco al rialzo, finalizzato ad ottenere le consuete contropartite o se invece le minacce si tradurranno in atti sostanziali.

Al terzo piano del palazzo della Regione a Pescara, per la conferenza stampa, sono schierati tutti i big dell’area capitanata da Di Matteo. Oltre all’assessore regionale ci sono Diodati, la parlamentare Vittoria D’Incecco, i consiglieri provinciali Vincenzo Catani e Annalisa Palozzo, e i consiglieri comunali Tiziana Di Giampietro e Adamo Scurti. Unica assente, per problemi personali, è Lola Berardi.

Di Matteo lancia subito l’affondo contro Alessandrini:

“Si dimetta immediatamente, per il bene della città, anche perchè da questo momento porteremo avanti un’azione libera e critica al Comune, alla Provincia e in Regione, e soprattutto a Pescara sarà guerra pesante. Fin dall’inizio ritenevo inadeguato questo sindaco, tanto è vero che gli ho fatto campagna contro. Ha dimostrato di non essere né carne né pesce e di essere forse più adatto per i teatrini. Negli ultimi tempi, oltre ad essere inadeguato, si è dimostrato anche pericoloso. Quindi si dimetta, azzeri la giunta e consenta ad altri di ripartire, se ci sono le condizioni. Altrimenti è meglio andare a casa”.

L’assessore regionale, nemico giurato del presidente D’Alfonso, è talmente arrabbiato con il sindaco di Pescara che arriva ad assolvere il governatore, regista di ogni trama ambientata nel capoluogo adriatico:

“D’Alfonso è responsabile di tutti i disastri ai quali assistiamo in Regione, ma in questa vicenda non c’entra nulla”.

E a questo punto Di Matteo si lascia andare ad un gustoso ricordo, che ha il sapore della parabola:

“A me D’Alfonso ha sempre voluto bene. Tempo fa, quando mi fecero fuori, fu il primo a venirmi a trovare a casa mia a Roccamorice. Io stavo guardando il film ‘Il Padrino’ e proprio in quel momento è passata la scena nella quale, dopo un omicidio, il protagonista del film veniva avvisato che il primo che fosse andato a porgergli le condoglianze sarebbe stato il responsabile dell’assassinio”.

Poi, però l’assessore regionale torna serio e annuncia l’inizio di una battaglia senza quartiere:

“A Pescara è stata colpita una persona onesta e competente, che per questa estromissione non ha accettato alcun tipo di compromesso o compensazione. Non ci interessano prebende o poltrone. Per noi non è una sconfitta, ma una grande vittoria, perchè finalmente possiamo agire liberamente, chiedendo una linea di discontinuità, senza permettere più alcun inciucio e lanciando un messaggio di speranza alla gente in difficoltà”.

Dunque sarà guerra in Comune, in Provincia, ma anche in Regione:

“D’ora in poi, in tutti e tre gli enti, voteremo solo i provvedimenti che riterremo giusti e utili per i cittadini. In Regione sono tre anni che sono in sofferenza e il 90% dei provvedimenti non li condivido. In realtà sapevo che sarebbe finita così e me lo rimprovero di continuo. Sapevo che sarebbe finita con l’uomo solo al comando, che adesso si lamenta di non avere nessuno attorno e che finora con il suo cerchio magico ha prodotto solo provvedimenti contrari agli interessi dei cittadini. Io però non me ne vado, non mi dimetto, perchè io analizzo il mio avversario guardandolo negli occhi e per mandarmi via mi devono cacciare”.

Un copione simile, però, era già andato in scena qualche mese fa, quando Di Matteo, insieme all’assessore regionale Andrea Gerosolimo e al consigliere Mario Olivieri, minacciarono l’apertura di una crisi se non si fosse cambiata rotta. A sentire Di Matteo, il cambio di rotta non c’è stato. Ma i tre ribelli sono ancora saldamente al loro posto.

“Bisogna resistere e tenere fede a quello che si dice, senza farsi convincere con cose come la promessa di un ospedale a Vasto – dice Di Matteo, chiamando indirettamente in causa proprio Olivieri -. A me D’Alfonso proposte simile non ne fa, perchè sa che non mi interessano. A me interessa risolvere i problemi della gente. E poi questa volta è una situazione diversa, c’è una squadra unita in Comune, in Provincia e in Regione, una squadra che ha intenzione di radicarsi sul territorio e nella società civile, e che punta ad ottenere un vero cambiamento”.

Poi Di Matteo torna sul caso-Pescara, mettendo sulla graticola anche l’assessore comunale Stefano Civitarese, fino a 48 ore fa il principale indiziato per fare posto a Teodoro, e il presidente della Provincia Antonio Di Marco:

“So che Civitarese è un bravo professore, ma tra un tecnico eccellente e un buon politico c’è una grande differenza. Se l’Ance, Antonelli e alcuni esponenti dell’Ordine degli architetti lo individuano come interlocutore privilegiato, evidentemente c’è qualcosa che non torna nella gestione degli interessi. Inoltre sarà guerra anche in Provincia, dove c’è un presidente che crede di potere fare tutto da solo e che in tutto questo tempo si è soltanto specializzato nel taglio dei nastri, tanto che forse potrebbe aprire un nastrificio”.

Anche Giuliano Diodati non ha peli sulla lingua e si toglie diversi sassolini dalle scarpe:

“Sono molto arrabbiato per questo triste epilogo, c’è modo e modo di fare le cose ed io sono stato mortificato dall’operato del sindaco Alessandrini, che è il primo responsabile di questa situazione, fin dall’inizio non è stato in grado di gestire le cose e sta dimostrando un cinismo fuori dal comune”.

L’assessore ‘defenestrato’ fornisce la sua ricostruzione dell’accaduto:

“Per giorni ho ricevuto ampie rassicurazioni dal sindaco. A fine luglio abbiamo lavorato insieme per l’approvazione del bilancio, con l’obiettivo di far decadere tutti quegli emendamenti presentati proprio da Teodoro, al quale oggi faccio spazio. Inoltre, solo tre giorni fa, ho partecipato alle riunioni con il sindaco e gli altri esponenti della giunta, per ragionare sulle deleghe da assegnare a Teodoro. Poi, all’improvviso, mi sono ritrovato fuori”.

L’ormai ex assessore, dopo avere evidenziato di “non riconoscersi più nel Pd guidato da questi vertici regionali e da questi vertici comunali”, svela alcuni retroscena, facendo nomi e cognomi:

“Sono il capogruppo Marco Presutti e il segretario cittadino Moreno Di Pietrantonio che hanno condotto le trattative. Lo hanno fatto dimostrandosi inadeguati e dilettanteschi. D’altronde si sapeva che Presutti è molto legato all’assessore Civitarese, mentre Di Pietrantonio è molto amico di Cuzzi e aveva interesse a portare in giunta Simona Di Carlo. Il risultato è che io non ho ricevuto alcuna tutela al momento dei negoziati”.

Diodati elenca quelli che considera gli errori di Alessandrini:

“Ha prodotto una situazione incredibile, alla base della quale c’è il grave errore di non avere riconosciuto l’assessore uomo alla lista Teodoro in occasione della formazione originaria della giunta. In seguito, quando la città aveva assorbito la nomina della giovane Veronica Teodoro, con un colpo di testa l’ha estromessa, ponendo in questo modo le premesse per l’ultimo rimpasto, dal quale la maggioranza non esce rafforzata, ma indebolita, vista la schizofrenia dimostrata”.

LA REPLICA DEL SEGRETARIO REGIONALE MARCO RAPINO (leggi qui)

 

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