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Hotel Rigopiano, Procura chiude inchiesta: 25 indagati. Cadono accuse per D’Alfonso e Chiodi

Hotel Rigopiano, Procura chiude inchiesta: 25 indagati. Cadono accuse per D’Alfonso e Chiodi

PESCARA, 26 novembre – Dopo un anno e dieci mesi, dalla valanga che il 18 gennaio del 2017 travolse l’Hotel Rigopiano di Farindola uccidendo 29 persone, si chiude l’inchiesta della Procura di Pescara, condotta dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia: gli indagati, che inizialmente erano più di 40, scendono a 25. Stralciate, per essere archiviate, diverse posizioni, tra le quali quelle degli ex presidenti della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, Gianni Chiodi e Ottaviano Del Turco.

I 25 indagati sono l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo; il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco; il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta; i direttori e i dirigenti del dipartimento di Protezione civile, Carlo Visca (direttore del dipartimento dal 2009 al 2012), Vincenzo Antenucci (dirigente Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013); il tecnico del Comune di Farindola Enrico Colangeli; il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società “Gran Sasso Resort & Spa” Bruno Di Tommaso;  il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio; l’ex capo di gabinetto della Prefettura Leonardo Bianco; la dirigente della Prefettura Ida De Cesaris; il direttore dei Lavori pubblici della Regione Abruzzo, fino al 2014, Pierluigi Caputi; il dirigente della Protezione civile Carlo Giovani; gli ex sindaci di Farindola Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico; il tecnico geologo Luciano Sbaraglia; l’imprenditore che chiese l’autorizzazione a costruire l’albergo Marco Paolo Del Rosso;  il direttore della Direzione parchi territorio ambiente della Regione Abruzzo Antonio Sorgi; il redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso Spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel, Giuseppe Gatto; il consulente incaricato da Di Tommaso al fine di adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni Andrea Marrone; il direttore del Dipartimento opere pubbliche della Regione Abruzzo, Emidio Rocco Primavera; il comandante della Polizia provinciale di Pescara Giulio Honorati; il tecnico reperibile secondo il piano di reperibilità provinciale Tino Chiappino; il responsabile dell’ufficio Rischio valanghe della Regione Abruzzo, fino al 2016, Sabatino Belmaggio; la società Gran Sasso Resort & Spa.

Sono state invece stralciate, per essere archiviate, le posizioni dei tre ex presidenti della giunta regionale abruzzese, Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi; degli assessori che si sono succeduti nella delega alla Protezione civile, Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca; dell’ex vice presidente della Regione Abruzzo Enrico Paolini; dell’ex direttore generale della Regione Abruzzo, Cristina Gerardis; del direttore del dipartimento di Protezione civile, per tre mesi nel 2014, Giovanni Savini; del responsabile della sala operativa della Protezione civile Silvio Liberatore; del dirigente del servizio di Programmazione di attività della Protezione civile Antonio Iovino; del direttore del Dipartimento opere pubbliche della Regione Abruzzo fino al 2015 Vittorio Di Biase; del responsabile del 118 Vincenzino Lupi; della funzionaria della Prefettura di Pescara, Daniela Acquaviva, diventata nota perchè subito dopo l’allarme lanciato telefonicamente dal ristoratore Quintino Marcella, non credendo alla richiesta d’aiuto,  affermò che “la madre degli imbecilli è sempre incinta”. 

I reati ipotizzati sono, a vario titolo, crollo di costruzioni o altri disastri colposi, omicidio e lesioni colpose, abuso d’ufficio e falso ideologico. Le indagini sono state compiute dai carabinieri forestali, diretti dal tenente colonnello Annamaria Angelozzi. Dal ricevimento dell’avviso di conclusione delle indagini, prima dell’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, gli indagati avranno a disposizione venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o per presentare memorie difensive.

IL PAPA’ DI FENIELLO: “DA D’ALFONSO ATTENDO ANCORA RISPOSTE”

“Andremo a vedere le carte e verificheremo se ci sono spiragli per opporci alla richiesta di archiviazione. In ogni caso, indipendentemente dalle eventuali responsabilità dirette, noi da D’Alfonso abbiamo sempre voluto e continuiamo a volere risposte che lui si è rifiutato di darci”. Così Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle 29 vittime della tragedia dell’hotel Rigopiano, commenta con la chiusura delle indagini.

Il nome di Stefano, nelle concitate fasi di ricerca dei dispersi, fu inserito nella lista di cinque superstiti che sarebbero arrivati a breve in ospedale, comunicata ufficialmente da Prefettura e Protezione civile, ma in realtà il ragazzo era morto. “Vogliamo risposte da D’Alfonso – aggiunge Feniello – perché fu uno di quelli che annunciò in pompa magna i nomi dei cinque superstiti, tra cui Stefano. Risposte che non ci sono mai state date”.

L’avvocato Camillo Graziano, legale dei Feniello, a nome della famiglia esprime “soddisfazione per essere arrivati alla conclusione delle indagini, perché finalmente si potrà pensare al processo. C’è soddisfazione – aggiunge – anche per il lavoro che abbiamo fatto durante le indagini, mirato ad individuare le responsabilità del Comune di Farindola e della Prefettura di Pescara, al centro dell’attività della Procura. Su D’Alfonso noi non abbiamo mai lavorato, ma da lui la famiglia voleva delle risposte”.

Il legale, ricordando la “complessità delle indagini”, a nome della famiglia esprime “apprezzamento per il lavoro della Procura ed apprezzamento per l’attività dei Carabinieri Forestali che hanno fatto un lavoro splendido”.

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