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Ricostruzione, operai sfruttati e sottopagati: arrestati quattro imprenditori

Ricostruzione, operai sfruttati e sottopagati: arrestati quattro imprenditori

L’AQUILA, 29 marzo – L’ombra dei Casalesi sulla ricostruzione dell’Aquila. Dalla maxinchiesta condotta dai Carabinieri del Reparto Operativo del capoluogo, che ha portato oggi all’esecuzione di nove misure cautelari, emergono di nuovo tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata negli appalti del megacantiere del dopo terremoto.

I reati contestati agli indagati sono estorsione, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

I controlli sono partiti da due ditte della provincia di Caserta, che secondo gli investigatori graviterebbero nell’orbita del clan dei Casalesi. Gli amministratori  avrebbero reclutato proprio nel Casertano personale da utilizzare nei cantieri aquilani, personale sottopagato e sfruttato, approfittando delle condizioni economiche di estrema difficoltà, se non addirittura di vera e propria indigenza.

E a denunciare sono stati proprio i lavoratori, stanchi di essere vessati per paghe da fame: una scelta che ha consentito agli investigatori di ricostruire una vicenda che, al momento, coinvolge diciotto persone, comprese quelle a cui sono stati notificati oggi i provvedimenti.

S.T., 38 anni, V.T., 41 anni, R.T., 38 anni, e L.L. 37 anni, tutti sottoposti agli arresti domiciliari, imponevano agli operai di sottoscrivere lettere di licenziamento in bianco, al momento dell’assunzione, in modo da poterli allontanare alla prima difficoltà

Eventuali proteste o problemi venivano così stroncati sul nascere attraverso un’operazione di controllo.

 

Con le lettere di dimissioni in mano agli imprenditori per i lavoratori i diritti erano meno che un optional: costanti sarebbero state, secondo gli investigatori, le violazioni delle normative di sicurezza sul lavoro, ma anche di quanto previsto per legge e contratti su orario, riposo settimanale e ferie.

Nè sarebbero stati corrisposti straordinari e assegni familiari, nessun accantonamento, inoltre, alla Cassa Edile.

I dipendenti inoltre venivano costretti ad attivare carte prepagate a loro nome che poi erano obbligati a consegnare agli imprenditori che a loro volta le utilizzavano per prelievi di denaro con cui venivano pagati gli stessi operai. In questo modo i compensi non erano tracciabili.

Un sistema che per i magistrati che conducono l’inchiesta, Roberta D’Avolio e David Mancini, configura il reato di estorsione.

Tutte le ditte individuate lavoravano nei cantieri in regime di subappalto, ma le aziende di riferimento, secondo le indagini svolte dai Carabinieri, non solo erano a conoscenza della situazione, ma se ne sarebbero anche avvantaggiate.

Quindi, con l’accusa di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con l’aggravante della continuazione”, il gip Romano Gargarella ha emesso cinque misure cautelari interdittive dall’attività per altrettanti imprenditori, titolari di quattro ditte: due in provincia dell’Aquila (T.D. 64 anni, T.D. 41 anni e M.A. 33 anni), una in provincia di Chieti (D.G. 51 anni) ed una in provincia di Ascoli Piceno (D.G. 55 anni).

Gli imprenditori sono accusati anche di aver emesso fatture fittizie per il noleggio di attrezzature e per lavori eseguiti.

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