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Sulla Maiella la biodiversità frena l’esodo dalle aree interne

Sulla Maiella la biodiversità frena l’esodo dalle aree interne

CARAMANICO TERME, 9 gennaio – Ottomila anni di storia dell’agricoltura, in un territorio dove sono stati già risolti i problemi di conservazione della natura, della fauna e della flora e ora si lavora per frenare l’esodo dalle campagne e valorizzare, oltre alla biodiversità, anche la diversità culturale degli uomini: è la montagna su cui si concentrano le attività del Parco nazionale della Maiella che, grazie a progetti di recupero di antiche varietà colturali, contribuisce al rilancio dell’economia di aree a rischio abbandono.

“Il Parco della Maiella si sta caratterizzando come area protetta esemplare per l’Italia – osserva l’etnobotanico Aurelio Manzi – L’Abruzzo è l’unico caso dell’Italia peninsulare in cui la montagna, fino al secolo scorso, è stata centrale nell’economia, nella demografia e nella sociologia. E’ importante recuperare le vecchie varietà colturali perchè sono più resistenti alla siccità, agli stress climatici e alle malattie. La Maiella è una montagna con un territorio ricchissimo dove l’uomo agricoltore, in quasi ottomila anni, ha selezionato tantissime varietà di piante”.

Un territorio che pulllula di piccole aziende agricole a conduzione familiare.

“Abbiamo un allevamento di pecore, produciamo latte e formaggio, miele, olio e mele di diverse varietà, anche se abbiamo solo 2-300 alberi – spiega Antonio La Gatta, titolare con la moglie Elvira dell”azienda Cantalupo di Tocco da Casauria (Pescara) – Partecipiamo al progetto del Parco per il ripristino delle piante autoctone, abbiamo recuperato tutte le piante di mele non coltivate sul territorio, le abbiamo reinnestate e rimesse in produzione”.

Lui lavorava come perito meccanico nei pozzi di petrolio, lei era ostetrica. Sono tornati dove avevano le radici e hanno scelto di seguire la comune passione e vivere all’aria aperta.

C’è poi l’agriturismo ‘Il Mulino’ di Montenerodomo  di Nicola e Franca Tamburrino, azienda custode della Patata Sessanta dei Monti Pizzi.

“Era custodita dai miei genitori, l’abbiamo rimessa in coltivazione con l’aiuto del Parco della Maiella, in quantitativo tale da poter cominciare a pensare alla vendita – spiega Nicola Tamburrino – E’ molto tardiva, si mantiene di più rispetto alle altre. La coltiviamo su terreni a partire dagli 800 metri con concimazione biologica, tra fine aprile a inizio maggio, per raccoglierla a settembre”.

Ha preso forza dal progetto ‘Coltiviamo la diversità’, avviato dieci anni fa dal Parco della Maiella, e dalla volontà di recuperare antiche varietà anche ‘Pietrantica’, agriturismo di località Decontra a Caramanico Terme.

“Tutta la materia prima che ci serve arriva dal territorio, dal sapone ai cereali per i primi piatti – spiega Marisa che ha creato e gestisce la struttura insieme al marito, come lei maestro di sci -‘ Quello che non abbiamo lo cerchiamo dagli agricoltori custodi più a valle”.

Intanto il Parco non si ferma e insieme alle ricercatrici del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, porta avanti una ricerca sugli impollinatori e uno studio sui paesaggi terrazzati.

“Sulla Maiella settentrionale vi sono grandi spazi di terrazzamento abbandonati – spiega il direttore del Parco Luciano Di Martino – Sui terrazzamenti ancora coltivati si indaga la biodiversità del suolo, abbiamo cominciato con vitigni, ora procediamo con gli uliveti”.

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