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Teramo, presunta truffa con le azioni Tercas: in aula continunano a sfilare i testimoni

Teramo, presunta truffa con le azioni Tercas: in aula continunano a sfilare i testimoni

TERAMO, 15 gennaio – Nuova udienza, questa mattina a Teramo davanti al giudice Flavio Conciatori, del processo sulla presunta truffa con le azioni Tercas. Azioni che, secondo l’accusa, sarebbero state vendute prospettandole ai clienti come un’operazione di  pronti contro termine.  A salire sul banco dei testimoni un ex direttore di filiale, da anni in pensione, che nel 2011 da correntista sottoscrisse il contestato prodotto finanziario e citato come teste dalla pubblica accusa, la figlia, dipendente della stessa banca, e un capo area del settore commerciale, questi ultimi due citati come testimoni dalla difesa di alcuni imputati.

Nel corso della testimonianza l’ex direttore di filiale e correntista, che ha ricordato come nel 2008 aveva già acquistato alcune azioni Tercas nell’ambito di un’offerta dedicata agli ex dipendenti, ha sostenuto come nel 2011 sottoscrisse il prodotto finanziario incriminato convinto che fosse un prodotto sicuro e non di tipo azionario.

“Nel 2011 mi ha chiamato per telefono la direttrice della filiale di Mosciano – ha raccontato – e mi ha proposto un prodotto prospettandomelo come conveniente, con scadenza ad un anno e con il 3 per cento di interesse. Io non ho chiesto nulla, mi fidavo. Sono stato in banca tanti anni e mai è stata fatta una cosa così diabolica”.

L’ex direttore ha raccontato di aver investito 100mila euro da un conto cointestato con la figlia, quest’ultima già all’epoca dipendente della banca e che dovette firmare insieme al padre i relativi documenti, anche perché lo stesso investimento era cointestato, e di non aver mai letto la relativa documentazione.

“Ho firmato quello che mi avevano proposto, mi fidavo – ha ripetuto – nessuno legge mai quello che firma”.

L’uomo ha sostenuto di essersi reso conto della situazione solo quando, dopo il commissariamento della banca, la Tercas non è stata in grado di onorare il riacquisto.

Dopo la sua testimonianza sul banco è salita la figlia, dipendente Tercas (oggi acquisita dalla Popolare di Bari), citata come teste dalla difesa e che ha sostenuto come, pur essendo una dipendente della banca, occupandosi del back office nn aveva avuto contezza di quel tipo specifico di operazioni.

“Ricordo di essere stata chiamata a giugno 2011 da mio padre che era già in banca per l’investimento, voleva farlo cointestato e gli serviva anche la mia firma – ha detto – Mi sono recata in banca, mi è stato detto che era un investimento con il 3 per cento di interessi. Non  mi sono soffermata sui particolari perché dovevo solo mettere la firma per accontentare mio padre”.

Testimonianze rispetto le quali la difesa ha cercato di far emergere come padre e figlia, avendo lavorato in un caso e lavorando nell’altro in banca, ben conoscessero i diversi strumenti finanziari.

Tra i testimoni della difesa anche un capo area commerciale, che ha dichiarato come dell’operazione si parlò una prima volta in una riunione a cui, come da prassi, partecipavano  i capi area, in cui fu descritta a grandi linee e come venne detto che un’analoga operazione di collocamento delle azioni era stata condotta e portata a buon fine l’anno successivo.  Operazione che, sempre come da prassi, successivamente era stata illustrata ai vari direttori di filiale.

Lo stesso testimone ha poi sottolineato come in ogni caso, tutto ciò che riguardava gli investimenti, afferisse in realtà all’area finanza e come da quanto a sua conoscenza all’epoca nessuno avanzò perplessità sull’operazione, che di fatto era una riedizione di quella condotta l’anno precedente, aggiungendo che “per noi erano operazioni già passate al vaglio degli organi di controllo”.

“Tutto ciò che girava attorno agli investimenti viaggiava sul rapporto diretto tra le filiali e l’area finanziaria – ha dichiarato – all’epoca il capo area commerciale non aveva contezza delle operazioni eseguite”.

Nel corso della sua testimonianza il capo area ha anche sottolineato come l’operazione fu presentata non come un’operazione generalizzata ma come un’operazione di fatto settoriale, destinata alla migliore clientela.

“Non mi ricordo se ci fossero importi minimi specifici – ha aggiunto – ma di certo non erano destinati ad importi polverizzato. Ci si aspettava un taglio di investimento discreto. Noi l’abbiamo vissuta come un privilegio per il cliente”.

Lo stesso teste ha poi dichiarato, su specifica domanda del pm, come non ci fossero incentivi legati al collocamento di questo tipo di prodotti.

A processo, davanti al giudice Flavio Conciatori, oltre all’ex dg Antonio Di Matteo, all’ex responsabile pro-tempore dell’area finanza della Tercas Lucio Pensilli e all’allora responsabile pro-tempore dell’area commerciale Alessio Trivelli, ci sono per questa vicenda altre 25 persone tra dirigenti, direttori di filiali e semplici impiegati, tutti accusati di truffa in concorso: Piero Lattanzi, Franco Maiorani, Fabrizio Di Bonaventura, Maria Gabriella Calista, Maria Lucia De Laurentiis, Silvana De Sanctis, Rosanna Arcieri, Christian Torreggianti, Carlo Pavone, Giancarlo Stacchiotti, Franca Marozzi, Marco Nardinocchi, Pietro Sciaretta, Nicola Celli,Monica Di Luciano, Elena Malatesta, Valentina Angelozzi, Luca Ettorre, Rosanna Rastelli, Maria Carmela Valentini, Danilo Ranalli, Marinella Petrini, Luisa Maria Ferri, Lidia Mazzocchitti, Enrico Robuffo.

Imputati ai quali l’accusa contesta di aver venduto delle azioni facendole passare invece per cosiddetti ‘pronti contro termine’, investimenti ad un anno con un rendimento garantito.

I fatti contestati ai 28 imputati imputati risalgono al 2011, con l’inchiesta partita dalle denunce di alcuni risparmiatori. Inizialmente tra gli indagati figurava anche l’ex presidente Tercas Lino Nisii, la cui posizione era stata successivamente stralciata ed archiviata insieme a quella di altri tre dirigenti.

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