Parola all’esperto: “Troppe semplificazioni nelle norme che regolano l’edilizia anti-sismica”
PESCARA, 5 novembre – A pochi giorni dalle scosse di terremoto che hanno sconvolto il centro Italia e danneggiato pesantemente anche l’Abruzzo, incontriamo Carlo Vasile, geologo pescarese, esperto in geologia applicata e geotecnica sismica, da diversi anni studioso di sismologia, in particolare dei terremoti, dell’analisi della loro propagazione e degli effetti di amplificazione di sito. L’esperto ci aiuta a fare chiarezza su quanto sta avvenendo sul nostro territorio, sui rischi che corriamo e su cosa è possibile fare per scongiurarli.
Uno dei primi aspetti che è saltato agli occhi, in occasione del terremoto del 30 ottobre scorso, è la notevole differenza negli effetti prodotti dal sisma rispetto a quanto accaduto nel 2009 a L’Aquila: l’ultimo sisma, di magnitudo 6.5 con epicentro a Norcia, ha causato danni limitati e nessuna vittima. A L’Aquila magnitudo 6.2, dunque inferiore, ma città distrutta e 309 morti. Come si spiega, al di là delle dimensioni differenti dei principali centri colpiti, questo divario ?
Il terremoto dell’Aquila nel 2009 e quello del 30 ottobre scorso, replica del terremoto di Accumuli-Amatrice del 24 agosto, con magnitudo momento 6.0, sono eventi comparabili tra loro in termini di danni occorsi in relazione alla tipologia dell’edificato. Se escludiamo la città di Norcia, i danni sulle strutture sono tra loro confrontabili: la distruzione di Amatrice, Accumuli, Arquata sul Tronto, Pescara sul Tronto e loro frazioni, che ha causato 298 vittime, è del tutto analoga a quella che si è registrata a L’Aquila, Onna, Castelnuovo, San Gregorio e negli altri centri limitrofi. Questi terremoti hanno cioè investito strutture che sono prevalentemente costituite da pietrame e malta povera, che è stata la modalità costruttiva storica della maggior parte degli stupendi borghi italiani. Se differenze di danni ci sono tra i due eventi, esse sono riconducibili alla differente quantità di energia rilasciata e alla differente distanza dall’epicentro. Discorso a sé fa la città di Norcia. Qui sono stati eseguiti interventi di miglioramento sismico a seguito dei danni occorsi al terremoto del 26 settembre 1997, di magnitudo momento 6.1. Per intenderci, parliamo del sisma che ha causato il crollo della volta di Giotto e di Cimabue nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi. Interventi che sembrano avere avuto effetti positivi sulla sicurezza sismica e la registrazione di limitati danni a Norcia ne è la diretta conseguenza. La riprova è data dal fatto che danni seri ci sono stati anche nell’evento sismico di Norcia, laddove le strutture non sono state migliorate: la frazione di Castelluccio di Norcia, ad esempio, è stata quasi completamente distrutta, con circa il 60% delle case crollate. In quest’ultimo caso, però, gli ultimi dati suggerirebbero il concorso dell’abbassamento della superficie topografica per effetto della faglia diretta responsabile del sisma. Per quanto attiene la fortunata assenza di vittime, c’è da dire che, oltre al concorso della resistenza strutturale degli edifici sottoposti a miglioramento, la popolazione si era già allertata per la sequenza sismica che perdurava dal 24 agosto e per le due forti scosse del 26 ottobre che hanno preceduto quella del 30 ottobre, cosa che non è accaduta né a L’Aquila, per la spinosa questione delle rassicurazioni alla popolazione emerse dalla riunione della commissione grandi rischi, né ad Accumuli, per la repentinità dell’evento sismico.
Lei di recente ha studiato da vicino, per ragioni di lavoro, il caso Amatrice. Cosa è emerso nel corso dei sopralluoghi effettuati ?
Rispetto al caso di Amatrice, credo valga la pena soffermarsi sulla distribuzione dei danni. Qui la cosa che mi è subito balzata agli occhi, è stata l’immagine che tutti noi conosciamo di quel terremoto: il palazzo rosso e la torre civica ancora in piedi, in mezzo alla distruzione totale. Questo per me non poteva essere un fatto accidentale, ma doveva avere un significato. Nei giorni immediatamente successivi, insieme ad un paio di colleghi geologi, sono andato nei luoghi del terremoto ad eseguire alcune misurazioni geofisiche, nello specifico le misure di microtremori, per trovare conferma o meno della nostra idea. I risultati hanno messo in evidenza che la frequenza di risonanza del terreno di sottosuolo coincide con quella propria di edifici di 3 piani circa, proprio l’altezza della maggior parte dei fabbricati di Amatrice. E’ molto probabile che i crolli diffusi siano stati causati dal fenomeno della doppia risonanza terreno-struttura e che strutture più alte, come appunto palazzo rosso e torre civica, al di là dei materiali usati per la loro costruzione, abbiano resistito, seppure gravemente danneggiate, perché hanno risentito poco o nulla del fenomeno. E ciò si sovrappone ad un altro fenomeno che sicuramente è stato predominante e di cui oggi tutti gli addetti ai lavori hanno conoscenza: l’amplificazione sismica di sito. Non va sottovalutata anche la direzionalità di una delle componenti orizzontali del moto ed il possibile ruolo giocato dalle onde di superficie. Ma qui il discorso si complica un po’. Ad ogni modo è possibile affermare che non sempre c’è una correlazione semplice e diretta tra l’entità dei danni, la sua distribuzione e la magnitudo di un terremoto.
L’Abruzzo, e in particolare il Teramano, sono adesso alle prese con danni ingenti e con la gestione di circa 3mila sfollati. Come è possibile inquadrare i danni verificatisi nella nostra regione e cosa è stato sbagliato, se qualcosa è stato sbagliato, sul piano dello sviluppo urbanistico e architettonico?
Non conosco nel dettaglio tutte le realtà urbanistiche ed edilizie dei comuni del Teramano, quindi non so se c’è stato qualcosa di sbagliato. Immagino però che le questioni siano sempre le stesse: qualità del costruito e mancanza di prevenzione. Certo, in generale si può dire che in passato, in sede di pianificazione territoriale, spesso si è data poca importanza ai rischi geologici emersi dagli studi elaborati a supporto dei piani regolatori e la pianificazione ha risposto più ad esigenze particolari che agli interessi generali. Da quanto mi risulta, solo in alcuni casi, quelli di Pescara e Montesilvano, dagli studi geologici sono scaturite disposizioni specifiche inserite nelle Norme Tecniche di Attuazione, con tanto di strascichi in termini di ricorsi al Tar. Ora, però, sull’onda lunga del terremoto a L’Aquila del 2009 e grazie all’afflusso di risorse pubbliche, ogni comune abruzzese si è dotato dello studio di Microzonazione Sismica, i cui risultati dovranno essere recepiti negli strumenti urbanistici vigenti o in corso di revisione. L’auspicio è che non rimangano nel cassetto. Dal punto di vista edilizio, una forte reprimenda va fatta ad una pratica tanto consueta negli anni Novanta: quella di sostituire i tetti esistenti su edifici in muratura, con tetti in cemento armato. Quanto di più sbagliato dal punto di vista sismico.
Cosa è possibile fare, e come bisognerebbe costruire e ricostruire, per mettere davvero le nostre città al riparo dai danni del terremoto?
Partiamo da un presupposto: è piuttosto improbabile che una struttura investita da un sisma severo non subisca danni. L’obiettivo è quello della minimizzazione dei danni, soprattutto alle persone. Una struttura può danneggiarsi più o meno gravemente, può anche in parte collassare secondo piani predestinati, ma in nessun caso può diventare una tomba per le persone. Per ottenere questo livello prestazionale della struttura, vanno valutate scrupolosamente le azioni sismiche sotto le quali la struttura va progettata e la conoscenza profonda del contesto geologico e sismico entro cui la struttura si inserisce, tenendo ben presente che i due aspetti non sono tra loro disgiunti. L’azione sismica di progetto, infatti, è la risultante della pericolosità sismica di base (valori di accelerazione spettrale su suolo rigido o bedrock sismico) e della risposta sismica locale (Rsl), ossia l’analisi delle modifiche in ampiezza, durata e frequenza che il segnale sismico relativo al bedrock subisce attraversando gli strati di terreno sovrastanti fino alla superficie, per effetto delle particolari condizioni geologiche locali. Senza addentrarci troppo in questioni squisitamente tecniche, va detto che le Norme Tecniche sulle Costruzioni del 2008 definiscono compiutamente cosa si deve fare per le costruzioni in zona sismica ma, a mio avviso, adottano tutta una serie di semplificazioni che stonano con gli obiettivi dichiarati di livello prestazionale dell’opera. E non affrontano la questione dell’effetto di doppia risonanza. In linea generale, comunque, poiché le condizioni geologiche incidono sulle azioni sismiche, c’è una cosa che è possibile fare nell’immediato: terminare la cartografia geologica regionale (Carg), che risulta essere uno strumento imprescindibile anche in prospettiva sismica. L’età, la genesi, i meccanismi e i paleoambienti deposizionali dei sedimenti sui quali sono costruite le nostre città, non sono conoscenze fini a sé stesse, ma assumono rilevanza anche in prospettiva sismica. Un’altra cosa che va fatta nel più breve tempo possibile, sul patrimonio edilizio esistente, è una sorta di carta d’identità dell’edificio (libretto del fabbricato), che attesti il suo livello di sicurezza sismica, anche mediante la valutazione della sua vulnerabilità per l’eventuale effetto della doppia risonanza (sovrapposizione delle frequenze proprie del fabbricato con quelle del terreno di fondazione). Però mi preme sottolineare anche cosa finora non si è fatto o si è fatto male: non si è fatta la verifica sismica degli edifici pubblici e strategici, nonostante ciò fosse previsto dall’Ordinanza del Presidente del Cosniglio dei ministri del 20 marzo 2003. E’ ancora viva in ciascuno di noi l’immagine del palazzo della Prefettura de L’Aquila, squassato dopo il sisma del 2009. Si sono fatti male o sono carenti i Piani comunali di Protezione Civile. Ad Amatrice, ad esempio, in caso di “calamità naturale” il piano comunale indicava come ricovero della popolazione anche la scuola materna ed elementare di viale Saturnino Muzii, che era stata ristrutturata con fondi pubblici nel 2012 in chiave antisismica, e l’Albergo Roma di via dei Bastioni, che avrebbe dovuto garantire 79 posti letto. Entrambi gli edifici non ci sono più. Forse è anche per l’inadeguatezza di questi piani che oggi gli amministratori locali trovano difficoltà a gestire l’emergenza ed è forse anche per questo che la Protezione Civile Nazionale svolge il ruolo di supplenza anziché quello sussidiario. Come bisognerebbe costruire e ricostruire? Utilizzando consapevolmente gli strumenti normativi a disposizione, che rappresentano le migliori tecniche disponibili allo stato attuale delle conoscenze. Ma dico consapevolmente perché, come ho già detto, le norme tecniche adottano una serie di semplificazioni che, a mio avviso, non trovano giustificazione rispetto allo stato attuale delle conoscenze, soprattutto per ciò che concerne la doppia risonanza.
Lo sciame sismico nel frattempo non si arresta: come può essere inquadrato e cosa possiamo attenderci nei prossimi tempo?
La sequenza sismica in atto rientra nella normalità dell’evento. Nessuno è in grado di predire quanto durerà ancora e quando terminerà ma, dal confronto con eventi simili nel passato, potrebbe protrarsi ancora per mesi, probabilmente con repliche anche importanti. È invece certo che il contesto geodinamico in cui è inserito il nostro paese, fa di esso il territorio con il più alto rischio sismico d’Europa. Quindi, cosa attenderci per il futuro? Che accadano terremoti. Perché, vedete, il terremoto non è un castigo divino per le unioni civili, ma è l’espressione tangibile della dinamica crostale, quella che, in milioni di anni, ci ha consegnato le Alpi, gli Appennini, le magnifiche coste liguri e tirreniche, gli stupendi paesaggi abruzzesi con i loro altipiani e conche: il terremoto costruisce non distrugge. Noi ne dobbiamo prendere coscienza come evento consueto, imparare a conviverci ed essere bravi a ricostruire senza che la nostra casa, scuola, edificio pubblico, ci cada addosso.
Una vecchia questione: è possibile predire i terremoti?
No. Questi eventi, allo stato attuale delle conoscenze, sono impredicibili. Essi però sono statisticamente prevedibili per condizioni geologiche note. Ciò significa che noi sappiamo quali sono le zone nelle quali si possono verificare i terremoti e quali possano essere i loro tempi statistici di ricorrenza ma ne ignoriamo il luogo e l’ora. Ma già solo questa comprensione degli eventi contribuisce a una migliore pianificazione delle misure di sicurezza. Interessante mi sembra il filone di studio dei fenomeni precursori come il rilevamento del gas radon, che può indagare sulle deformazioni lente del suolo, o come lo studio dell’andamento della microsismicità. Passi avanti possono essere fatti, infine, nell’allerta precoce, la cosiddetta early warning. Si tratta di mettere a punto sistemi in grado di emettere avvisi non appena si verifica un sisma, in modo tale da concedere alcuni secondi di tempo prima dell’arrivo del terremoto, tempo che può risultare vitale. Per esempio, già adesso esistono delle applicazioni, del tutto sperimentali, che sarebbero in grado di comprendere, sfruttando gli accelerometri contenuti negli smartphone, l’occorrenza dell’evento ed inviare un avviso per sms ad una lista di contatti o di telefoni che sono presenti entro un dato raggio di distanza. Non so se l’idea possa funzionare per davvero, ma vale la pena segnalarla: immaginate cosa significherebbe avere una rete sismica formata da centinaia di migliaia di “stazioni”…
Per concludere, cosa devono fare i cittadini quando avvertono una scossa e cosa possono fare, più in generale, per mettersi al riparo dai rischi del terremoto?
In caso di scossa, non bisogna fare altro che seguire le norme di comportamento fornite dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile. Fin da subito, adottare in casa semplici accorgimenti eliminando tutte le situazioni che, in caso di terremoto, possono rappresentare un pericolo per sé e i familiari. Inoltre è utile informarsi presso il proprio comune dei contenuti del piano comunale di protezione civile, così da sapere come comportarsi in caso di emergenza. Inoltre è importante fare eseguire una valutazione sulla vulnerabilità sismica del proprio edificio, in modo da sapere quando e come è stata costruita la propria casa, su quale tipo di terreno, con quali materiali, e se possa essere sollecitata più del dovuto in caso di sisma per effetti particolari. Infine vigilare affinché l’amministrazione pubblica faccia quanto in suo potere in tema di sicurezza sismica.