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Da Penne all’Hotel Rigopiano, il calvario dei familiari e il coraggio dei soccorritori

Da Penne all’Hotel Rigopiano, il calvario dei familiari e il coraggio dei soccorritori

PENNE, 20 gennaio – Occhi lucidi e sguardi spenti, con una flebile speranza ancora in fondo al cuore. Sono una quarantina i familiari delle 35 persone intrappolate – e si teme già decedute – all’interno dell’Hotel Rigopiano. Occupano un’intera ala del piccolo ospedale di Penne in attesa di notizie: hanno raggiunto la città con la speranza di riabbracciare i propri cari e con la paura di non poterli più vedere in vita. Per la gran parte sono abruzzesi, perché in questo periodo dell’anno i clienti dell’hotel vengono soprattutto dalla zona o da regioni limitrofe.

Un ragazzo, quando è già buio, esce a prendere una boccata d’aria, risponde a una telefonata e si scioglie in un pianto liberatorio: “Speriamo… speriamo bene”, è l’unica cosa che è in grado di dire. Già, la speranza: quel filo che unisce tutti i presenti, che li lega indissolubilmente tra loro e che li rende un corpo unico e solidale tra tutte le sue parti.

Lungo i corridoi una quindicina di psicologhe di varie associazioni, con volti dolci e pazienti, conversano di tanto in tanto con qualcuno. Spiegano che in questa fase occorre fornire conforto. Il compito più difficile arriverà nelle prossime ore, quando ci sarà da aiutare molte persone, forse tutte, ad accettare una fine assurda. Nel frattempo in ospedale, per ingannare l’attesa angosciosa, ci si sostiene a vicenda. Il tepore è piacevole e scalda i cuori in subbuglio.

Fuori invece c’è Penne, gelida e imbiancata. Come sospesa. L’atmosfera nel paese è spettrale. C’è poca gente per strada e si parla sottovoce. Morte e tragedia si respirano nell’aria. Il clima è sommesso anche dove ti aspetteresti l’azione, al Centro di raccolta allestito dal Coc locale, all’interno del palazzetto dello sport cittadino. E’ il quartier generale di tutte le squadre di intervento: Protezione civile, Soccorso alpino, Esercito, Polizia, Carabinieri e Croce rossa. Gruppi di angeli della neve  vanno e vengono da quel tratto di montagna maledetto. Decine di mezzi, tra ruspe, trattori, pale meccaniche e perfino carri armati sono parcheggiati nel piazzale.

Stremati, a tarda sera, fanno ritorno alcuni soccorritori. Cristian Labanti, del Soccorso alpino di Marzabotto, ha gli occhi fuori dalle orbite. E’ partito la notte prima con gli sci, dal versante Aquilano del Gran Sasso e alle prime luci dell’alba ha raggiunto l’Hotel Rigopiano. E’ stato il primo ad arrivare sul luogo della tragedia, insieme ad Agostino Zini, Daniele Nasci e Alessandro Tedeschi:

“Una roba da non credere, è stato scioccante, mai visto niente del genere – scuote la testa Cristian -. Temo ci siano poche speranze di ritrovarli in vita”.

Poco dopo arriva Luigi Piccirilli, del Soccorso alpino abruzzese, che invece ha raggiunto l’hotel dal versante Pescarese:

”Una buona metà dell’edificio è stato spalmato dalla valanga in una vallata sottostante, l’altra metà è fatta di macerie con sopra la neve”.

Luigi è uno dei pochi che sembra ancora in grado di regalare qualche parola di speranza:

“La situazione è drammatica, ma la speranza non va mai persa. Ci sono casi in cui dalle valanghe ci si è salvati”.

A queste ultime parole continuano ad aggrapparsi i familiari in attesa, i soccorritori al lavoro, la gelida Penne, l’Abruzzo impietrito e il mondo intero che sembra quasi essersi fermato. E’ calato il buio sulla città vestina e il freddo si fa sempre più pungente. Sarà un’altra notte di ricerche all’Hotel Rigopiano.

HOTEL RIGOPIANO, INFERNO DI GHIACCIO IN UN POSTO DA SOGNO

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