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Residenze facili per le cittadinanze: chiusa l’inchiesta

Residenze facili per le cittadinanze: chiusa l’inchiesta

TERAMO, 10 dicembre – A due anni dall’avvio dell’operazione Cidadania la Procura di Teramo firma l’avviso di conclusione delle indagini a carico dei 23 indagati nel fascicolo sulle residenze “facili” per l’ottenimento della cittadinanza da parte di cittadini brasiliani con avi italiani, confermando le accuse a carico di tutti gli indagati. Avviso di conclusione che arriva quasi in contemporanea con l’annullamento, da parte della Cassazione, dell’ordinanza di divieto di dimora in provincia di Teramo a carico della titolare di una delle agenzie di intermediazione finite nell’inchiesta (la donna è rappresentata dall’avvocato Giuseppe Gliatta).

Nell’ambito del fascicolo, a firma del pm Stefano Giovagnoni,  la Procura aveva infatti chiesto ed ottenuto la misura del divieto di dimora in provincia per dieci intermediari (per alcuni dei quali la misura è stata successivamente revocata) e la sospensione dal servizio, per 10 mesi, di quattro ufficiali di stato civile dei Comuni di Pineto, Roseto, Notaresco e Castellalto finiti sotto inchiesta (per i quali i rispettivi legali hanno presentato ricorso al riesame).

A far scattare le indagini, circa due anni fa, l’altissimo numero di richieste di passaporto italiano presentate in Questura da cittadini brasiliani che avevano ottenuto la cittadinanza nei 4 comuni incriminati, con i relativi accertamenti che avrebbero fatto emergere come in ben 690 casi le cittadinanze richieste da brasiliani nei comuni interessati dall’inchiesta e relative agli anni 2015-2017 fossero state rilasciate senza i relativi presupposti. Tra questi proprio quello della dimora abituale in Italia, requisito necessario per perfezionare l’iter ed ottenere la cittadinanza. Secondo l’accusa, infatti, quegli appartamenti, sarebbero stati occupati solo per il tempo necessario ad ottenere l’agognato documento.

Sempre secondo l’accusa, inoltre, in diverse pratiche, al fine di accelerare la procedura di riconoscimento, sarebbe stato attestato falsamente che la richiesta di cittadinanza era stata presentata quando i brasiliani interessati erano già in Italia mentre in realtà le relative pratiche erano state avviate quando i richiedenti erano ancora nel loro paese di origine, mentre in altri casi sarebbe stato
attestato falsamente, nell’atto di concessione della cittadinanza, che si erano verificate tutte le condizioni necessarie, mentre in realtà non era ancora stata effettuata la verifica della residenza abituale dello straniero sul territorio comunale.

Un meccanismo che, secondo la Procura, avrebbe garantito ai titolari delle varie agenzie di intermediazione coinvolte un ingiusto profitto patrimoniale che andava dai 3 ai 4mila euro a straniero.

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