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“Sono stati uccisi. E’ tutta colpa delle autorità”: lo sfogo del papà di Stefano Feniello

“Sono stati uccisi. E’ tutta colpa delle autorità”: lo sfogo del papà di Stefano Feniello

PESCARA, 23 gennaio – E’ disperato, arrabbiato, annichilito: Alessio, il papà di Stefano Feniello, ogni giorno si fa forza aggrappandosi alla speranza, ma non perdona quell’illusione terribile. A lui avevano detto che suo figlio era stato salvato, invece sta ancora attendendo da due giorni, che lo individuino sotto le macerie dell’hotel Rigopiano.

Quelli che sono morti sono stati uccisi e quelli che sono dispersi sono stati sequestrati contro la loro volontà – dice Alessio Feniello – perché volevano ripartire e avevano già fatto le valige. Li hanno messi tutti nel caminetto come carne da macello. Secondo me la responsabilità è delle autorità, solo delle autorità”.

Alessio Feniello riferisce gli ultimi contatti avuti con il figlio, che si trovava in compagnia della ragazza Francesca, tra i 9 superstiti della tragedia:

“Ci avevano detto che avevano preparato le valige, che erano pronti per salire sulle macchine e per partire. Poi verso le tre Stefano ha chiamato mia moglie e ha detto: ‘mammina, forse non possiamo più ripartire, perchè i pezzi di m… che dovevano liberare la strada non si sono degnati di venire’ “.

Il padre di Stefano, con la voce rotta dall’emozione, racconta anche dell’equivoco che aveva creato l’illusione in merito al salvataggio del figlio:

“Mi hanno dato una notizia l’altra sera, mi hanno detto 5 nomi tra cui quello di mio figlio. Me lo ha detto il prefetto, che stava insieme al presidente della regione e a un questore. Con arroganza e prepotenza è venuto in aula magna e ci ha detto che i nomi li dava solo lui e che il resto sono tutte cazzate. Quando ho sentito il nome di mio figlio sono cascato con la faccia per terra. La mattina aspettavamo le ambulanze, con una è arrivata la ragazza di mio figlio. Io fino al pomeriggio ho penato, ho controllato tutte le ambulanze e mio figlio non è arrivato. Aspettavo mi dicessero ‘ci siamo sbagliati, suo figlio non si trova’ e invece niente”.

Infine il racconto delle fasi del salvataggio di Francesca, la ragazza di Stefano, e la consapevolezza che per il figlio, quasi sicuramente, non c’è più niente da fare:

“Io ieri ho parlato con la ragazza di mio figlio, che mi ha raccontato quanto segue: quando è successo il fatto stavano seduti vicino al caminetto, poi sono stati scaraventati dall’urto vicino al caminetto. Quando si è tranquillizzato il tutto lei, fino a quando ha avuto la batteria, con la luce del telefonino illuminava il braccio di mio figlio. Lei è convinta di questo perchè illuminava l’orologio che gli ha regalato lei. Lei lo chiamava, ma lui non rispondeva e si lamentava. Quando sono arrivati i soccorsi lei è stata invita ad avvicinarsi al buco scavato dove stava l’altra coppia. Perchè i soccorsi non sono scesi. Lei piano piano si è scastrata e si è avvicinata al buco e da lì l’hanno prelevata. La ragazza appena è uscita ha detto ai soccorritori che c’era il suo ragazzo sotto. Allora ieri ho fatto la domanda a quelli del soccorso: voi siete scesi sotto per vedere l’altra persona ? All’inizio hanno girato intorno al discorso, poi ho rifatto la domanda e mi hanno risposto che non lo sanno. Allora presumo che mio figlio sia lì sotto e che se c’era un filo di speranza per salvare quella persona, adesso quella persona non ha più speranza”.

E poi è duro, durissimo, Alessio Faniello:

“Una cosa è sicura: le istituzioni fanno pena. Nel 2017 non si possono permettere queste cose. Io vado tutti gli anni in Trentino e sono libero di salire e scendere quando voglio, perché danno il servizio. Se in Abruzzo non sono in grado di dare questo servizio, per me queste strutture vanno chiuse. E’ inutile che si fa un hotel lussuoso e poi non c’è un mezzo per pulire la strada. Ci poteva capitare chiunque”.

Feniello ha provato subito a salire fino a Rigopiano e punta il dito anche sui problemi della colonna mobile:

“E’ finito due volte il gasolio alla turbina – ha detto – E’ grave. Siamo stati fermi due volte, una volta un’ora e una volta tre quarti d’ora”.

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